chi sono | Alessio Brandolini |
che cosa ho scritto |
Mappe colombiane LietoColle, Faloppio (Como), 2007 |
Una poesia da Mappe colombiane
"Le cose (gli oggetti. Tipo: la pipa"
letta dall'autore il 27 giugno 2008
alla libreria Rinascita di Largo Agosta, Roma
con il Deli Trio
Dalla prefazione di Armando Romero
Mappe colombiane: Qualche volta di primo mattino mi capita di pensare alla poesia, quell'ente fatto di parole che ha saputo inventare la nostra gioventù rimanendo accanto a noi per il resto dei nostri giorni. Lavorare con l'aria, conversare con lo spirito delle acque, confondersi con l'unità della terra, dare alla luce una poesia: ecco la ricerca, il tentativo. Costruire ponti dove ci sono soltanto abissi, aprire abissi perché cadano i ponti. È proprio strano il cammino del poeta, proteso verso il pericolo tanto quanto verso lo stupore. Oggi, questa riflessione quotidiana si fa più coinvolgente mentre scorro le pagine delle Mappe colombiane, il bel libro di Alessio Brandolini, il quale ci dice che se il viaggio della poesia ha un inizio, esso si trova nel sogno, benché la realtà si trovi comunque strada facendo. Un cammino fatto sempre di quella parola intrecciata con altre sulla pagina bianca, creando appuntamenti con la memoria, con l'immaginazione, con gli dei e con i dèmoni. Ma il viaggio non è soltanto andare: è anche tornare; allora, di quale "viaggio all'indietro" ci parla Alessio nei suoi primi versi? Forse sarà che dall'altra parte del mare è presente ciò che per il poeta è passato, presenza e assenza. Occorre premettere che agli antipodi c'è il nostro volto, colui che siamo stati o che saremo. Perché la poesia di Alessio Brandolini è conficcata nella terra, e più che albero, cerca di diventare radice. Così, il sogno diviene realtà dall'altra parte del mondo. In questa ricerca di essenze, la geografia non è locale, è universale, poiché è concentrata sull'umano, su quel modo di essere e di stare sulla terra. Come ogni territorio assurdamente limitato dalle frontiere, la Colombia è uno strano paese. Tuttavia, a mio giudizio, è un paese che permette l'amore senza concedere l'oblio, che suscita ira e dolore senza cadere nell'odio. È un paese che ci segna per sempre, perché è fatto per essere creato dalla nostra immaginazione, non come altri paesi della nostra terra americana, per esempio il Messico, dove la presenza di un passato precolombiano schiacciante lascia poco spazio all'immaginazione. In Messico le metafore son già fatte, basta andare lì per raccoglierle. In Colombia invece si deve ancora fare tutto, quindi potremmo portarci via il paese sotto braccio e costruire da lontano quella metafora che lo raffigura. E questo è precisamente quello che Alessio ha fatto, con l'aiuto del suo grande mestiere di creatore, con la forza e la profondità dei suoi versi belli e inquietanti. Non ne ho dubbi, perché lui stesso lo afferma in una delle sue poesie: si portò dietro a Roma alcune delle bestie racchiuse nei miei testi, e poi le lasciò libere in quelle strade dalle pietre secolari. Sciogliersi nel paesaggio, ecco la tentazione e il godimento del poeta e della sua poesia. Non si tratta di trasformare o di ostentare il cambiamento, il che ci porterebbe nella via senza uscita del fare politico e sociale, triste speranza dove l'innocenza confina con la stoltezza. Prevale invece l'idea della comunione, o forse della transustanziazione, dato che nel plasmare così quel paesaggio trasceso, il poeta raggiunge la chiara direzione dell'altro da sé che è lui stesso, e nello stesso tempo afferma la realtà di quella terra colombiana che impregna la superficie e la profondità delle sue poesie. In una di esse ci rammenta "il sangue della foresta / che ora scorre veloce", e subito sappiamo che non si tratta soltanto della foresta come presenza reale. Quell'immagine degli alberi folti, dei fiumi maestosi, dei meandri proibiti configura una metafora di tutta la nazione, e un po' più in là si trovano i rumori urbani e le forme umane e materiali delle città. Tutte queste immagini si intrecciano e si condizionano a vicenda. Il poeta percepisce il caos, ma questo non gli impedisce di celebrare la bellezza: vi è lo splendore del verde, del permanente in quella estate che non cessa nel cuore del tropico. Non si nasce, non si muore. È la solita violenza che si trasforma costantemente. Sono i salti che solo l'immaginazione è in grado di fare, per afferrare una realtà in perenne movimento nel medesimo luogo. Scopro uno scorcio della poetica di Alessio Brandolini quando in una delle sue poesie ci fa sapere del suo "fiume nel mare". Tutto è presente nell'incontro di queste forze che ci mettono davanti a un movimento, eternamente cangiante, come in Eraclito, e di fronte a una presenza che rimane ma che sempre ricomincia, come in Valéry. Orbene, il fatto che quel fiume dentro il mare finisca nel deserto ci parla degli insondabili misteri legati alla poesia. Al di là del mio essere colombiano - atto di fede, l'avrebbe definito Borges -, questo libro di Alessio Brandolini mi ha affascinato, e ancora di più, mi ha toccato nelle mie convinzioni più profonde e nel mio innato amore per la poesia. Tuttavia devo sottolineare l'emozione che ho provato quando ho visto che il poeta penetrava nel dolore di tutti i colombiani a causa della violenza sociale e politica che continua a distruggere il paese, a consumarlo dall'interno. Alessio Brandolini è un poeta che non soltanto sa come portarsi nel cuore un intero paese per crearlo e ricrearlo, ma sa inoltre come appropriarsi di una realtà che per quanto bella non è meno dolorosa. Subito capiamo che egli, se da una parte si lascia sedurre dalla bellezza della nostra terra, dall'altra indica senza ambiguità che non c'è bellezza in questa violenza. Da poeta che sogna ma che sa anche vedere lucidamente la realtà, Brandolini riconosce che la combustione del sociale e del politico non si ferma e condiziona ogni movimento. Per questo, in alcune delle sue poesie, chiama in causa il pittore Fernando Botero, affinché le sue immagini l'aiutino a vedere quelle "devastazioni della violenza", quello "scheletro della muerte / che sorride lieve e innocente". Ricordo come scoperta, ritrovamento dell'inatteso come ricordo, confluenza di suoni e di silenzi, la poesia di Brandolini scorre su una scala maggiore, e non importa che i suoi versi siano brevi. Essi producono sempre la nota più alta, perché sono fatti di una fibra sostanziale, seminata nel profondo, così come la radice di quegli alberi, sottili e flessuosi, che sfiorano il cielo con le foglie. Cincinnati, gennaio 2007 (traduzione dallo spagnolo di Martha Canfield) |
Una scelta di testi della raccolta
Stefano Cardinali, Tra-me (disegno a china)
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Il quadro in copertina:
Alejandro Obregón, El nacimento de los Andes