chi sono Alessio Brandolini
 
che cosa ho scritto

Antologia critica di Mappe colombiane


da ZOE MAGAZINE, n. 20 - primavera 2008 (maggio 2008, pag. 59), di Daniela D'Angelo, (anche qui)

dal mensile 30GIORNI, anno XXI - n. 2/3 - 2008, di Cristiana Lardo, (anche qui)

dal sito culturale L(')abile traccia, aprile 2008, di Renata Ballerio, (l'originale è qui)

da L'Avvenire - inserto Romasette, 4 novembre 2007, di Marco Testi

dal quotidiano web aprile, 20 settembre 2007, di Woland

da L'Osservatore Romano, Venerdì-Sabato 17-18 agosto 2007, di Marco Testi

dalla rivista web Fili d'aquilone, n. 7 - lug/set 2007, di Oscar Palamenga, (l'originale è qui)

dai siti LietoColle , luglio 2007, orvietonews, 3 settembre 2007 e Fabruaria, 13 gennaio 2008, di Laura Ricci, (gli originali sono qui, qui e qui)

da Avvenire, 3 giugno 2007, di Leone D'Ambrosio

dai siti Fabruaria e Farapoesia, giugno 2007, di Caterina Camporesi, (gli originali sono qui e qui)

da La Provincia, 25 maggio 2007, a cura della redazione culturale

da Latina oggi, 25 maggio 2007, a cura della redazione culturale

da La Provincia, 23 maggio 2007, di F. P.

dal blog I libri in testa, 21 maggio 2007, di Elvio Cipollone, (l'originale è qui)

Relazione al convegno ""La parola studiata e creata - Celebrazione dell'ispanismo", Università degli studi di Firenze, 15-17 maggio 2007, di César Fredy Pongutá Puerto

da Avanti!, 3 maggio 2007, di Alberto Toni

dal sito Vico Acitillo 124 - Poetry Wave, 1 maggio 2007, di Raffaele Piazza, (l'originale è qui)




da ZOE MAGAZINE, n. 20 - primavera 2008 (maggio 2008, pag. 59), di Daniela D'Angelo     (inizio)

BOGOTÁ, POESIE E UN MAGLIONE PESANTE
(con Alessio Brandolini)

Cosa hanno a che vedere tra loro Roma e Bogotá? Una valigia di vestiti leggeri e i blocchi di carta su cui scrivere? La responsabilità della poesia e la passione per i propri figli?
Mappe colombiane (LietoColle, 2007), libro di poesia di Alessio Brandolini, poeta che vive e lavora a Roma, ha dimorato nella mia borsa, assieme alla mia agenda, le chiavi di casa, il telefonino.
Quel libro è diventato un oggetto quotidiano, quelle poesie mi hanno accompagnato nei lunghi tragitti in metro o nelle soste di bel tempo, nel parco. Ma anche a casa, nel silenzio della sera o della mattina presto. Libro che ripesco, di tanto in tanto, perché continua a raccontarmi qualcosa. Chiedo ad Alessio del suo viaggio in Colombia, come nasce il libro, lo investo di domande; lui è generoso e non si tira indietro.
“Sono stato in Colombia nel giugno 2004 un paio di settimane, invitato (a sorpresa) a rappresentare l’Italia al prestigio Festival di poesia di Medellín. Leggevo i miei testi in italiano, e un poeta colombiano li leggeva in spagnolo... molto bello, le letture si svolgevano in piazze affollate. La sera si parlava e beveva assieme (i poeti sono una fauna umana molto variegata...) e c’era lo scambio di libri, con dedica. In queste circostanze ti senti quasi importante, almeno per te stesso.
Al ritorno ho scritto di getto Mappe colombiane, una specie di diario di bordo poetico e spirituale, dove traccio le mappe della mia vita. Per il viaggio avevo portato con me una guida della Colombia, cartine dei posti che dovevo visitare, blocchi per scrivere, la macchina fotografica e pochi vestiti perché mi avevano detto che lì faceva molto caldo, e invece Bogotá è una città fredda con i suoi 2640 metri di altitudine, così mi sono fatto prestare un maglione da Carlos, il marito di Luz Mary, poetessa bogotana.
Poi mi sono trasferito a Medellín, dal clima costantemente primaverile, l’ideale!
Ho visitato alcune città del nord della Colombia, molto affascinanti, come Tunja e Villa de Leyva, in un avventuroso viaggio in auto”.
Perché si sente il bisogno di narrare i luoghi?, chiedo.
“Narrare di luoghi colombiani, in poesia, è stato come tornarci più intensamente e ascoltare di nuovo quelle voci, vedere quella luce, il profilo delle Ande. Quel paesaggio allora c’è stato davvero, mi dicevo, e quell’esperienza resterà per sempre dentro di me. Narrare luoghi è anche questo: estendere le proprie conoscenze e affetti, rafforzare le proprie traballanti radici”.
Ma che vuol dire essere genitori e scrivere poesia, come entra la scrittura nelle abitudini familiari e viceversa?
“Il lavoro, la famiglia, gli impegni lasciano poco tempo alla scrittura e alla lettura” ammette, “ma in tutte le mie cose (anche quelle in prosa) torna la famiglia: quella d’origine e quella che ho ‘fondato’ insieme a mia moglie Laura. Parlo spesso dei miei familiari, dei miei figli, e loro parlano spesso nei miei versi. Guardo le cose con gli occhi dei miei figli”.
Tra i progetti, quello di una casa editrice: Fili d’aquilone, stesso nome della rivista online che ha ideato e che coordina. In pratica, un altro nuovo viaggio.



dal mensile 30GIORNI, anno XXI - n. 2/3 - 2008, di Cristiana Lardo     (inizio)

MAPPE COLOMBIANE

Nelle poesie delle Mappe c'è sempre un "tu" a cui ci si rivolge e su cui si fa affidamento, un "tu" a cu spiegare le cose che si vedono e a cui chiedere spiegazioni

«April is the cruellest month, breeding / lilacs out of the dead land, mixing / memory and desire, stilling / dead roots with spring rain» (T. S. Eliot, The waste land). Aprile per Tomas Stearn Eliot è il mese più crudele, perché è quello che rigenera la vita, che mette davanti alla coscienza di quel che è stato («a little life with dried tubers») e ad ammettere quello che c'è adesso: una voglia di vita, nuova, inaspettata, che quasi indispettisce.
Le Mappe colombiane di Alessio Brandolini (LietoColle, 2007) partono proprio da una scoperta così, vicina al calendario: «Giugno è il mese più bello / lo gridano i colori / l'intensa notte equatoriale / con il verdeggiante rumore». È il racconto di un viaggio in Colombia: un viaggio talvolta chiamato esilio, ma il luogo sbaraglia le ansie e i dubbi europei di chi traccia le mappe. O piuttosto le trova, perché in un posto così non c'è spazio per l'autoreferenzialità: «Mordi la noia / al cuore, al collo / i serpenti a sonagli / i mille dubbi / riposti nel cassetto. / Tira fuori la testa / usa le mappe / tallona il sogno / l'inatteso passaggio / tienilo bene a mente / stretto nello sguardo. / Nelle morbide nicchie / più appartate del cuore / conservalo con garbo».
Il Sudamerica diventa il luogo dove le cose si fanno evidenti: non più segrete speranze che forse sono solo da temere, perché scombinano i piani, ma aperte manifestazioni: sotto la luce di giugno in Colombia diventa tutto chiaro, e accoglie, anche nei suoi contrasti.
Prevale nella nuova raccolta di Brandolini una scelta lessicale che non cede spazio alle sfumature delle raccolte precedenti, quelle tutte europee e all'insegna di una cauto quanto timoroso desiderio di accogliere: la luce dell'alba è meriggio sotto il sole, il bosco domestico è foresta, i colori sono il rosso acceso del sangue, il verde degli alberi, l'oro dei vestiti. C'è lo smarrimento, talvolta, dell'uomo europeo (tanto simile a quello di Eliot) che teme di sperare quando vede nettamente tutte le cose: «Nell'immensa piazza di Tunja / mi tremano le gambe / e la mano destra racconta / alla sinistra le vicende / orrende della conquista / la frenetica ricerca dell'oro / le malattie venute dall'Europa / infine di questo flusso / travolgente, sebbene timoroso / che incide e disegna le mappe / della nostra memoria, e dell'ignoto». Ed è uno smarrirsi («Perdersi a volte / fa bene alla salute») che ogni volta viene superato: le mappe servono a questo.
Nomi di città e di paesi, di personaggi storici, di pittori come Botero sono accompagnatori e insieme garanti delle Mappe colombiane. Mappe, come si diceva, a colori, tanto che in ogni poesia ce n'è uno diverso: l'azzurro, il rosa, il blu, il giallo, e poi l'oro, così importante nella storia di quei luoghi. Nelle poesie delle Mappe c'è sempre un "tu" a cui ci si rivolge e su cui si fa affidamento, un tu a cui spiegare le cose che si vedono e a cui chiedere spiegazioni.
Nulla di più lontano, però, dalla riduzione naif e minimalista, a cui all'uomo europeo farebbe comodo appoggiarsi per evitare la fatica della decodifica: ogni poesia delle Mappe rappresenta la complessità, ma senza nebbia, in chiara luce. E allora parlare della raccolta in generale non riesce a restituire appieno il viaggio che il lettore con le Mappe condivide. Meglio, allora, parlare di tragitto che ha un inizio, un svolgimento e una fine: «Ogni speranza / ogni singolo gesto / adagio si riversa / nelle mappe segrete / trae la sua forza / la sua soffice luce / dallo sguardo del sole. / Per questo l'esilio / può tramutarsi / in sogno senza sosta / in un lungo tragitto / o nel sangue che scorre. // Di padre in figlio / passa fluido e sicuro».



dal sito culturale L(')abile traccia, aprile 2008, di Renata Ballerio     (inizio)

Alessio Brandolini, Mappe colombiane, LietoColle, Faloppio, 2007

"Le risposte non le trovi per caso", scrive Alessio Brandolini nelle sue Mappe colombiane, mappe da lui definite "della nostra memoria,/ e dell'ignoto". Ma non trovi per caso - io aggiungerei - neppure le domande.
Nell'ultima, intensa fatica poetica di Alessio Brandolini, provocata e germogliata da un viaggio in Colombia nel 2004, si legge - se non erro - una sola domanda. A sigillo del secondo componimento poetico della raccolta essa zampilla, inattesa ma ineluttabile: "Non è questo/ l'agognato prodigio?".
Gustiamo, dunque, il preludio a questa domanda, scandendolo nel suo ritmo e nella sua tonalità apparentemente prosaica: "Tra le rovine della casa/ ci sono insetti e serpenti./ Eppure lì, un fringuello/ vola e ogni tanto canta.// Nel cielo di fine giugno/ un fitto bosco di nuvole/ cela il sole alla vista/ agli alberi e alla terra.// Il tuo volto a notte inoltrata/ mi riconduce alla linea/ perfetta delle labbra:/ ricorda il delirio d'amore/ il rosso sonoro dell'alba/ intrecciato a fili d'azzurro.// Non è questo/ l'agognato prodigio?".
La chiusa, quasi scheggia uscita dal fluire ritmico precedente: due quartine, una terza quartina che si infittisce e si espande per generare una domanda, o meglio la domanda della sorpresa, che è l'essenza stessa di ogni atto poetico. Rimaniamo increduli, sospesi, bloccati dal deittico che ci inchioda a quanto è vicino ("questo"), ma ecco il prodigio agognato, dunque sognato e duramente conquistato.
La poesia è la sorpresa del canto del fringuello tra le rovine, è il rovesciamento quasi ossimorico e inatteso ("[...] fitto bosco di nuvole"), è un ricondurci, malgrado la notte inoltrata, al ricordo del "[...] delirio d'amore", in un'esplosione di colori che si fanno suoni e di materia che si fa leggera, come fili ("[...] rosso sonoro [...]/ intrecciato a fili d'azzurro"). Dobbiamo ripetere e pienamente condividere le parole che Armando Romero, colombiano, scrive nella prefazione: "È proprio strano il cammino del poeta, proteso verso il pericolo tanto quanto verso lo stupore". È il cammino del lettore che esplora il labirinto poetico, in cerca di tracce, di bagliori che sono come "[...] un pensiero/ dalle ali di velluto/ sull'azzurro del lago" che "plana dolce e sicuro". La raccolta di Brandolini, arazzo di colori - che gridano, dal verde smerigliato al dolore che sbianca nelle chiese barocche -, rappresenta il dono di un incontro vero, di un dialogo fitto. Dialogo con noi stessi, che siamo - con il poeta - viaggiatore "[...] strano/ straniero [...]", anche noi indi.
E i versi suggeriti dalla Colombia di Botero, di Medellín, la città dell'eterna primavera, come ci dicono le guide, degli impervi sentieri delle Ande ci fanno sentire vicino quello che è lontano, possibile quello che sembra impossibile, come "mettere le radici nel vento". È il prodigio della vera poesia racchiusa in Mappe colombiane.



da L'Avvenire - inserto Romasette, 4 novembre 2007, di Marco Testi     (inizio)

"Mappe" che puntano all'autenticità

Mappe colombiane è la più recente opera poetica di Alessio Brandolini, uno dei volti nuovi della lirica italiana, anche se ormai è alla sua quinta raccolta. Il verso di Brandolini oscillava tra due poli: la terra, le radici familiari profondamente immerse nella campagna, e la metropoli. All'interno di questa oscillazione si inserivano elementi dinamici, come l'amore, la solitudine, il senso della parola.
Con questo Mappe colombiane l'attenzione del poeta si rivolge al viaggio, che alla fine della lettura del piccolo libro può essere letto come tentativo di uscire dal principio di identità occidentale. I luoghi colombiani non sono quelli esotici di un viaggio fisico che ormai non ha quasi più segreti: sono in realtà l'espressione di un'altra identità, non però autoreferenziale, come quella di cui facciamo parte. Si ha la sensazione che in Mappe colombiane il motivo reale del discorso sia più profondo di quanto si possa intuire, perché l'identità dei luoghi visitati è materna, abissale, rispetto alle finzioni, alle manipolazioni della parola, all'anomia dell'occidente. Sembra quasi che queste poesie grondino nostalgia della pienezza dell'essere che pone se stesso in quanto è se stesso. Le parole, così come le intendiamo noi, sembrano dopo aver letto questo libro - e non solo questo - vane emissioni di suono.

    M'invento al volo una nuova esistenza
    nel cielo un ponte che carezza le Ande
    un gioco antico a ridosso di un tempio
    tutto questo per pescare al tramonto
    le tracce dell'alfabeto smarrito
    per dare alla terra un mare più grande
si legge in una lirica che pone in modo più diretto il problema.

L'inautenticità della kultur sembra in questo libro essere subìta in modo più profondo che in altre esperienze poetiche di autori diversi. Perché in fondo, già in Poesie della terra di tre anni fa, Brandolini poneva poeticamente i termini della questione, seguendo a sua volta una tradizione, perché questo modo di sentire il mondo civile è piuttosto radicato negli ultimi due secoli: si pensi al totale rifiuto d'occidente in alcune esperienze non solo letterarie, da Rimbaud a Gauguin.
L'occidente è una presenza ostensiva in Mappe colombiane perché, dietro la descrizione della miseria dei bambini, della violenza quasi fatale che aspetta dietro l'angolo alcune giovani vite, vi è un paragone costante e neanche tanto inconscio tra il luogo della visita e quello della propria casa. Qualcosa di simile al mal d'Africa, al senso etimologico della nostalgia, che è dolore-del-ritorno, qualcosa che avremmo detto estranea e lontana da noi, ma che in realtà ci fa uscire dal nostro io ipertrofico e ci mette in guardia contro il nostro modo di guardare il mondo. Una poesia asciutta, senza compiacimenti, che dice la crisi della apparente sazietà e la scoperta della grande energia che proviene dalla scoperta della sofferenza vera dell'altro.



dal quotidiano web aprile, 20 settembre 2007, di Woland     (inizio)

MAPPE COLOMBIABE
poesie di nuovo secolo

Una raccolta di ALESSIO BRANDOLINI pubblicata dall'editore LietoColle, permette una riflessione sullo storia e la mescolanza di generi, tra verso poetico e scrittura in prosa

Il teatro Argentina lo scorso martedì ha ospitato "Dante legge Albertazzi" (si, avete letto bene), spettacolo nel quale il grande attore e direttore (ancora per poco) del Teatro di Roma riproponeva alcuni passaggi del sommo poeta, corredandoli con citazioni acute e del tutto proprie rispetto al filo conduttore scelto per la serata.
"La poesia è innanzitutto musica", ha sentenziato a un certo punto "il maestro", dandone pratica dimostrazione attraverso la lettura e la declamazione di poeti quali Ezra Pound, Vincenzo Cardarelli, T. S. Eliot, Eugenio Montale, oltre lo stesso Dante, naturalmente. E non soltanto il Dante della Commedia, appellata "divina" per primo dal grande Giovanni Boccaccio, ma anche quello della Vita nova, per esempio.
Questo incontro tra giganti (Dante e Boccaccio), consente una riflessione sul concetto e il contatto tra poesia e prosa, che proprio i due toscani (insieme alla "intrusione" lirica di Petrarca e del petrarchismo seguente) hanno cristallizzato nella storia della nostra letteratura. Per essere chiari, Dante rimane il punto di riferimento per osservare la raggiunta compiutezza della poesia italiana, e lo stesso discorso va fatto per la prosa del Decameron. Con il passare dei secoli, l'evidente distanza tra i generi di scrittura è andata via via affievolendosi, sino ad arrivare agli albori del Novecento, allor quando l'intuizione del "verso libero" e le sperimentazioni delle prime avanguardie storiche certificarono l'avvenuta "connessione" tra prosa e poesia, in fondo già annunciata e dimostrata dallo stesso Dante proprio nella stessa Vita nova.

Tutto questo per dire che parlare di poesia, oggi, significa tener presente questo tipo di elementi, e il particolare percorso che lo sviluppo del verso ha maturato, in particolare nel corso dell'ultimo secolo.
In questo senso secondo me va letta e gustata la poesia di Alessio Brandolini, ideatore e responsabile della rivista-web "Fili d'aquilone", con una ventennale esperienza poetica alle spalle, la cui ultima pubblicazione risaliva al 2005 (Il male inconsapevole, finalista al Premio intitolato a Sandro Penna). Ora questo suo Mappe colombiane (LietoColle), conferma ciò che nelle precedenti prove si era potuto osservare: una predisposizione a descrivere il paesaggio del mondo e il mondo interiore, attraverso la fluidità di un verso che in maniera elegante mescola l'incedere poetico con la narrazione di un luogo, di un tempo, di un individuo. E questo, mantenendo il ritmo inconfondibile della poesia. Quello stesso ritmo che la musica evocata dal maestro Albertazzi consiglia di non abbandonare.
Il soggetto d'occasione, la Colombia, la sua terra, il suo paesaggio, i suoi profumi, viene espresso senza appesantire la lettura di troppe "iniezioni bio-autobiografiche", come spesso accade; invece la descrizione porta avanti il suo corso senza fatica, un verso dietro l'altro, lasciandoci immagini di quello che fu, ma anche di ciò che è, qui e ora:

    Dall'alba si lavora
    per regolare i conti
    si tracciano le rette
    per stabilire con rigore
    la misura della giornata
    per calcolare nei dettagli
    difficoltà e momenti
    del prossimo percorso
    il rapido accostarsi
    a un giorno tutto nuovo.

    Bolivàr con le ali
    è brama di conquista
    di perfetta adesione
    ai propri ideali
    di rapida scelta
    della mossa giusta.

    (pag. 67)



da L'Osservatore Romano, Venerdì-Sabato 17-18 agosto 2007, di Marco Testi     (inizio)

Nella raccolta Mappe colombiane di Alessio Brandolini
POESIA COME ATTENZIONE ALL'ALTRO

Una delle lezioni dell'arte moderna è stata quella dell'anti-mimesisi, che ha definitivamente sconfitto la concezioni rigidamente realistica e naturalistica dell'oggetto rappresentato. È una lezioni che in realtà viene da molto lontano, perché già nei greci e in Virgilio l'orizzonte della descrizione non era puramente esornativo o oggettivo, ma risentiva dell'energia trasformatrice dell'interiorità. Ecco spiegato anche il titolo, oltre che i contenuti, di questo Mappe colombiane (LietoColle, 2007, pp. 87, 13 euro - con una introduzione di Armando Romero), quinta prova poetica di Alessio Brandolini. Il poeta romano è da sempre impegnato nella promozione della cultura in Italia e all'estero tanto che può essere considerato uno degli ambasciatori della poesia italiana nel mondo (le sue raccolte sono state tradotte in molte lingue); è tra l'altro ideatore di Fili d'aquilone, rivista di poesia on-line che attraverso discorsi monografici sta tentando un rapporto più stretto tra attualità, società e cultura.
Brandolini, animatore di letture letterarie, soprattutto la "classica" Libri in testa, e membro della giuria del premio internazionale di poesia "Pier Paolo Pasolini", prende spunto dal viaggio, che però presto diviene discesa in interiore homine, perché la Colombia da lui visitata non è solo il luogo geografico, ma lo spazio dell'anima. Anche i contatti più immediati con la nuova terra e con i suoi poeti assumono coordinate diverse, quasi stranianti:

    l'infanzia la trovi per strade
    di mani tenere, ma coraggiose
    perché di rovi e ortiche
    più non hanno alcun timore.

Ecco emergere la sensibilità antica di Brandolini: i ragazzi colombiani, come quelli delle borgate romane che fanno i conti con le spine di una predestinazione al rischio e al destino. La voce e lo sguardo tengono stretti legami al di là di barriere, semplicemente constatano identità nella diversità: "Nelle morbide nicchie / più appartate del cuore / conservalo con garbo", è l'invito a orientare lo sguardo poetico astenendosi dal dettare mappe con periferie e centri, in un universo che ci ha insegnato con Borges come l'inizio di ogni cosa sia nascosto in un sottoscala di una casa in demolizione ai margini di Buenos Aires, o con il Buon Annunzio nella oscura periferia ad oriente dell'impero.

Le cifre più importanti di questo libro sono la volontà di dare le dimissioni da una illusione scambiata per verità e la scelta di lasciarsi andare al flusso dell'anima, non solo della mente: "Perdersi a volte / fa bene alla salute".
È una poesia scarna, che qui si avvicina in parte alla essenzialità radicale di una precedente raccolta, Poesie della terra, dedicata ad un padre contadino, che nel silenzio compie atti sempre uguali, almeno per chi guarda. Una poesia fuori da ogni romanticheria, consapevole, e questo già è un bel progresso, che qui non si tratta della mitologica scelta del silenzio, ma di un essere del silenzio, il che è tutt'altra cosa.
Tra Poesie della terra e Il male inconsapevole, penultima opera, questo Mappe colombiane sceglie un terreno altro, una via nuova, anche se tiene conto delle precedenti, ma con un linguaggio meno essenziale della prima, più discorsivo della seconda:

    Tutti avremmo bisogno
    delle giuste attenzioni
    d'essere visti e ascoltati
    di frasi gentili: al contrario
    ci si stacca dal ramo
    da noi stessi, dal mondo.

Eccola la nuova via: un rivolgersi tranquillo agli altri, senza parere di star calando chissà quale nuova verità. Qui ci si appoggia sul senso comune del verso-discorso, sulla sua naturalezza di confessione all'altro. Eppure il poeta sta dicendo una cosa antica. Per questo la nuova poesia non può dimenticare che si possono dire parole antiche quanto il mondo, se dietro preme l'antica semplice sapienza del faber.
Molti passaggi di questo libro rappresentano un ritorno alla visione rivelatrice degli oggetti, allo sguardo nudo verso l'oltre della materia: "Senza più voce / al di là della porta / crepita il nulla. / S'agita a lungo / contorce le ossa", il che indica il coraggio di sperimentare strade sempre nuove alla ricerca della sostanza del mondo, degli echi del profondo, e non degli effetti.
Un elemento che rende riconoscibile immediatamente la poesia di Brandolini è il costante riferimento all'altro, anche laddove poteva essere giocata la carta dell'esotico, dell'estraneo, Invece anche a Bogotá e a Medellín riemerge la consonanza con il mondo vecchio, quello che emargina e costringe a scelte irreparabili, ed allora la poesia tocca momenti importanti di pietas e umanità:

    A 15 anni s'era sentito
    uno dei tanti farabutti
    costretti a sopravvivere
    o condannati a morte
    per aver rubato un sogno
    a chi ne aveva troppi
    e poi per averlo allattato
    nell'antica casa di fango.

Siamo di fronte a una poesia che si alimenta di spazi, da quello della terra a quello metropolitano, fino all'oceano ed oltre, per poter dispiegare le voci profonde che parlano il difficile linguaggio degli altri. È una delle pochissime esperienze che riesce a penetrare le ragioni poste negli altri, invece che rotolarsi sulle lamentazioni del proprio cuore dolente, come ancora molti si attardano a fare.



dalla rivista web Fili d'aquilone, n. 7 - lug/set 2007, di Oscar Palamenga     (inizio)

MAPPE DI NUOVI MONDI INTERIORI
Su Mappe colombiane di Alessio Brandolini
Pallida in strade impervie
l'immagine del sogno
famelica s'aggira
con fioche e stanche grida

William Blake    

Leggendo Mappe colombiane, l'ultimo lavoro poetico di Alessio Brandolini (LietoColle, 2007), si ha l'impressione che mai come in questo caso la poesia prenda un significato diverso a seconda di chi la legga.
In fondo è proprio questa la bellezza della poesia: l'universalità e la capacità di essere letta e assimilata in maniera diversa a seconda del lettore. Infatti Mappe colombiane di Brandolini può essere contemporaneamente cronaca emotiva di un viaggio, felice scoperta di un altro mondo e, ancora, la ricerca di un altro modo di vivere, la trasposizione poetica d'intense (acute e dolorose) emozioni. Ma può anche essere considerato il luogo dove perdersi ("Perdersi a volte / fa bene alla salute") o quello adatto a tracciare con pazienza e tenacia le coordinate per un percorso esistenziale alternativo e ribelle, saldamente teso alla ricerca di risposte importanti sulla vita e sull'uomo, alla coraggiosa esplorazione di nuovi mondi interiori.
Il viaggio di Alessio Brandolini in Colombia avvenuto nel giugno 2004 non è, quindi, solo geografico, così come le "Mappe colombiane" non sono soltanto la narrazione poetica d'episodi realmente accaduti, ma è anche, e aggiungerei soprattutto, un percorso esistenziale. Tanto che la parola "colombiane" del titolo si riferisce principalmente a Cristoforo Colombo: anche lui, come il nostro poeta, utopico e audace navigatore attraverso mari sconosciuti e teso a raggiungere "altre terre".

Il punto di partenza di Brandolini, il suo porto di Palos, possiamo afferrarlo in molte poesie contenute nella raccolta, e che esprimono un profondo disagio:

    Ho perso dalla testa
    un migliaio di capelli.
    Me li ritrovo in mano
    sparsi sul collo
    lì, dove sono
    le tante cicatrici
    di uno scavo profondo.
    (...)

    Però non posso
    starmene assente
    ad osservare il sole
    che ci precipita
    in un cerchio di calce
    nella stilla d'inchiostro.

    La vita non la trovi
    dall'altra parte della strada.
    In fondo al lago, in un fosso.

    (pag. 76)

Ecco, il poeta non può rimanere assente, come un osservare impassibile e sordo, la vita non si trova dall'altra parte della strada è qui, in mezzo a noi, con noi. Però in lui sembra esserci un blocco, una difficoltà esistenziale, una impossibilità ad abbracciare pienamente la vita, così come da sempre vorrebbe. Allora il Sudamerica sembra offrirgli, a sorpresa, anzitutto un rifugio sicuro nella parola e nel festival poetico di Medellín una convinta partecipazione, un abbraccio, un incoraggiamento, un felice e insperato abbandono alla poesia:

    Qui si preferisce
    stare al sicuro
    aleggiare nella parola.
    Da decenni l'estate
    era un cane ringhioso
    un taglio verticale
    alle vene del polso.
    (...)

    (pag. 83)

Inoltre, quella terra così verde ed esuberante, così piena di contraddizioni come sottolinea lo scrittore colombiano, e raffinato poeta, Armando Romero nella prefazione a Mappe colombiane, gli offre una straordinaria energia vitale in grado di permettergli di schiarirsi le idee, di rendere più acuti i propri sensi, di fondere il passato al presente e di proiettarsi verso il futuro. Di cominciare, in sostanza, a ricostruirsi un più saldo "nuovo mondo" interiore:

    (...)
    Restano le pulsioni
    Il sangue della foresta
    che ora scorre veloce
    qui, in Sudamerica
    e la voglia di conoscenza
    che da giorni ci spinge
    a seguire le tracce
    del sogno, e a fare festa.

    (pag. 21)

Ha inizio così uno scavo, anche molto doloroso, dentro se stesso, nella propria infanzia ("l'infanzia la trovi per strade / di mani tenere, ma coraggiose"), nella memoria, fatta anche di macerie ("Tra le rovine della casa / ci sono insetti e serpenti / eppure lì, un fringuello / vola e ogni tanto canta"). Soprattutto, dentro i misteri della vita e i lati oscuri dell'uomo:

    Crescere e crepare.
    Ora spengo la luce
    e il buio ci consola
    immola sull'altare.

    Di milioni di facce
    oggi il mondo si sveste
    siamo soli, ma uniti
    al respiro di tanta gente.

    Senza più voce
    al di là della porta
    crepita il nulla.
    S'agita a lungo
    contorce le ossa.

    (pag. 30)


    (...)
    Era fiume
    ora il mare
    ovunque
    è la madre.

    (pag. 23)

Sembra quasi di assistere a un rito sciamanico, ad una catarsi, all'unione primordiale di tutte le anime, ad una trasformazione psichedelica della realtà:

    (...)
    Su Bogotá discende
    una pioggia povera di detriti
    le nubi si sfogliano e il cielo
    si trasforma in pan di zucchero
    si riempie di un celeste affettuoso
    di uccelli candidi dal becco tenero.

    (pag. 55)

Si comprende con dolore che il legame dell'uomo con la vita, e con gli altri esseri viventi, dovrebbe (e potrebbe) essere assai diverso, più vasto e profondo, più coinvolgente e saldo. C'è una forte tensione alla conoscenza dell'uomo, alla consapevolezza dei nostri tempi. L'idealismo utopico, ma non teorico, di Bolívar in questi versi è il riflesso dei desideri del poeta, dei propri sogni, oltre che poetici anche politici e sociali:

    Bolívar oggi ci sprona
    al viaggio equatoriale
    di fine giugno.
    L'audace, l'idealista
    ci spinge a seminare
    nella terra del vento
    nell'oceano dei sogni.
    Invita a sollevarsi,
    non uscire di pista.
    A guardarsi negli occhi.

    (pag. 60)

Nell'oceano dei sogni c'è il desiderio di una vita "altra" (oltre a William Blake, si pensa alle canzoni di Bob Dylan e di Jim Morrison) che ci conduca fuori dall'esilio, dove gli uomini conoscono la solidarietà, la fratellanza, l'altruismo e la speranza. È una continua ricerca di "altre terre" e di sensazioni assolute che non appartengono solo ai sensi, ma bensì anche all'anima, all'inconscio:

    Osserviamo il silenzio
    lo sfioriamo con gli occhi
    non fuggiamo la danza
    delle parole che qui
    perdono il guscio
    non certo la sostanza.

    Ora posso sedermi.
    Senza timore
    divorare la piazza.

    (pag. 70)

Alla fine del viaggio rimane solo la speranza, e il desiderio di seguitare a credere in quella speranza.
E non è assolutamente casuale che le Mappe colombiane inizino e finiscano con dei versi dedicati proprio alla speranza. In apertura, con la bella epigrafe del poeta colombiano Giovanni Quessep (Ogni speranza ha la sua memoria, / un sole di ferro, un pianto d'esilio), così nella splendida poesia che chiude la raccolta:

    Ogni speranza
    ogni singolo gesto
    adagio si riversa
    nelle mappe segrete
    trae la sua forza
    la sua soffice luce
    dallo sguardo del sole.

    Per questo l'esilio
    può tramutarsi
    in sogno senza sosta
    in un lungo tragitto
    o nel sangue che scorre.

    Di padre in figlio
    passa fluido e sicuro.

    (pag. 87)

Sembra proprio che le Mappe colombiane di Alessio Brandolini non siano stabili ma, come in un sogno senza sosta, in continuo movimento e lo suggerisce anche il disegno a china di Stefano Cardinali (Tra-me) messo in chiusura e che riproduce i contorni geografici della Colombia. Un passaggio da una mappa all'altra. Una famelica ricerca e una continua scoperta, un costante movimento, lo stesso che ha generato e genera la vita, quello che "di padre in figlio / passa fluido e sicuro".



dai siti LietoColle, luglio 2007, orvietonews, 3 settembre 2007 e Fabruaria, 13 gennaio 2008, di Laura Ricci     (inizio)

LE TASCHE DEL CUORE E DELLA MEMORIA
appunti sulle Mappe colombiane di Alessio Brandolini

                          Tira fuori la testa usa le mappe
                          tallona il sogno
                          l'inatteso paesaggio
                          tienilo bene a mente
                          stretto nello sguardo.
                          Nelle morbide nicchie
                          più appartate del cuore
                          conservalo con garbo.

                          Alessio Brandolini

Nate dal suo viaggio a Medellín, dove nel giugno 2004 ha partecipato alla XIV edizione del consueto "Festival internazionale di poesia", queste Mappe Colombiane di Alessio Brandolini sono diventate testo edito solo nel marzo 2007, per i tipi della collana Aretusa della edizioni LietoColle. A lungo elaborate dall'autore sono state precedute, nella pubblicazione, da testi scritti posteriormente, quelli de Il male inconsapevole (Il Ramo d'Oro, Trieste 2005): non ce ne chiederemo troppo la ragione, dato che se c'è un luogo dove la cronologia non ha senso è proprio quello della scrittura e, nella scrittura, della poesia in particolare. La mappa, per sua natura, mette a fuoco in modo dettagliato una porzione relativamente ristretta di territorio, e forse l'autore ha voluto dettagliare fin nei particolari più minuti un'opera che non solo appare un caposaldo della sua produzione, ma ripercorre un'esperienza che ha segnato in modo forte la sua vita e il suo immaginario, attraverso luoghi, relazioni, sentimenti, sensazioni, elaborazioni.
Ancorata allo spazio con forti connotazioni simboliche, la mappa può tuttavia scegliere il suo tempo "storico", disegnare l'assetto della contemporaneità o tracciare il reticolo di più antiche coordinate: ponte tra presente e passato, può restituire epoche arcane e arcaiche o addirittura ipotizzare situazioni preumane.
Quale territorio, dunque, per tracciare ed essere tracciati, più suggestivo della Colombia, del suo antichissimo mistero tutto da raffigurare e da scrivere?

    Prima c'era il mare
    che era lo spirito
    di tutto quello
    che sarebbe accaduto
    dava cibo al nostro pensiero
    sosteneva la futura memoria.
    (...)

    pag. 84

Così tra Bogotá e Medellín, tra volti nuovi e luoghi di originario stupore, il poeta ondeggia tra presente e memoria, nuove prospettive ed improvvise epifanìe, attesa e rimpianto, accidia e speranza, segnando la carta di solchi spaziali e interiori, estraendo nuovi occhi e nuova linfa dal viaggio:

    (...)
    Vivo sordo
    pieno di peli
    e foglie gialle.
    Mi spargo nel buio
    intanto erodo
    le parole scavate nella roccia
    nell'acqua mi scrosto dal male.

    Nei fossi di confine
    c'è la traccia d'amore
    che da mesi ristagna.
    (...)

    pag. 44

E ancora:

    Canto e ascolto
    l'allegria degli uccelli
    sotto l'ombra
    delle statue di bronzo
    la voce che proviene
    da un mondo nuovo
    che ancora non conosco
    (...)
    Contamina le mani
    modifica lo sguardo
    ossigena l'oscurità
    senza fine del pozzo.
    (...)

    pag. 48

Ad accogliere la speranza di nuove segrete mappe, di un ossigenante leggero andare - è "un tipo sciolto, persino più alto" il Brandolini che assapora il gusto forte di Bogotá - sono il profilo terso delle Ande, l'eterna matura primavera, l'inebriante splendore di giugno: il mese del festival di poesia di Medellín, quello della nascita, il più bello, che poi è anche un esplicito richiamo alla Terra desolata di Eliot ("April is the cruellest month..."). Intenso e ricorrente nei versi del poeta, "Giugno" è l'incipit: del testo, della vita, dell'eros, del viaggio, del nuovo corso che si schiude, di quel flusso nostalgico che sempre, la perfezione, sprigiona già nel momento in cui è goduta:

    Giugno è il mese più bello
    lo gridano i colori
    l'intensa notte equatoriale
    con il verdeggiante rumore.
    (...)
    L'arazzo delle stelle
    snuda la schiena
    impervia delle Ande.
    Ho bisogno d un flusso
    discreto di carezze
    di questa luna audace
    che arrossa il buio
    calma i colpi del cuore
    rafforza la memoria
    dona allegria alla voce

    e al pianto dell'esilio.

    pag. 13

Nel rigoglioso, continuo espandersi dell'universo subtropicale - dove come ben fa notare Armando Romero nella sua intensa introduzione "Non si nasce, non si muore, ma è la solita violenza che si trasforma costantemente" - il poeta percepisce le immense possibilità del caos, con la forza della parola se ne fa interprete e demiurgo, ne stabilisce un più o meno sensato ordine, ne traccia una mappatura esotica che si farà memoria per sovrapporsi, con ardite e inattese incursioni, al domestico campestre delle poesie della terra: sconvolgendo spazio e tempo e piegandoli, con grande naturalezza, a un continuo simultaneo agguato. Come accade, del resto, nel magico delle civiltà australi e in ogni vita ricca di immaginario. Così, può starsene nella classe turistica del ritorno e trasformarla, masticarla nella paura del non essere fino a renderla erba morbida e silenziosa; far scandire al paesaggio, già nel presente, i nomi dei luoghi e di tutte le persone incontrate, conservarle per sempre nelle tasche del cuore; lasciar invadere il suo territorio abituale di bestie esotiche per poi chiedere, in un ironico affettuoso guizzo, che l'amico poeta Romero torni a Roma a riprendersele.

Come Alessio Brandolini stesso afferma, ogni suo viaggio poetico ha radici nell'opera che lo precede e getta ponti verso la successiva: "Al Museo dell'oro ho trascritto / ella mitologia Koghi un frase / perfetta per il mio fiume nel mare", ovvero al libro di poesia Il fiume nel mare, annunciato in alcune silloge inedite apparse su riviste. Se situiamo le sue Mappe colombiane in ordine di creazione piuttosto che di edizione, il loro solido corpus subtropicale si intreccia, effettivamente, con continui rimandi, realistici o nostalgici, alle Poesie della terra (LietoColle, 2004) e anticipa, nelle note sofferenti che continuamente fanno da contrappunto alla gioia, la pena rosso sangue de Il male inconsapevole ("Di notte torno sui miei passi / come faccio sempre e mi guardo / leggere un testo in cui parlo / di una fabbrica abbandonata / alla periferia di Roma", che poi è la poesia "Largo Preneste" contenuta ne Il male inconsapevole). Non mancano, infatti, né accenni alla violenza sociale della terra di Colombia, né a una dimensione più universale del dolore e della caducità della condizione umana, di cui diventano metafora il sangue della foresta, l'eccesso inquietante del barocco, il frutto maturo bloccato appena prima del processo di decomposizione e fatiscenza.

Demiurgo della materia e della forma, il poeta veglia su ogni pulsione con il suo abile verseggiare, riconduce ogni accento alle asciutte, peculiari armonie del suo verso breve spezzato di moderne dissonanze, sparge ironia affettuosa sul rischio della retorica, alza il quotidiano verso le stelle, stempera il sale del cuore in un moderno panteismo fino a rendere corpo il creato e, il corpo, elemento di un'agognata silenziosa unione con ogni altro elemento dell'universo:

    Pettino con le mani
    i capelli increspati
    del buio tropicale.
    Sciolgo i fili annodati
    delle stelle e del sole.

    Mi accendo questa sera
    e a lungo ti accarezzo
    con tutto il corpo
    ti stringo ad occhi chiusi
    ti regalo il sale del cuore
    poi ascoltiamo in silenzio
    le proposte della savana
    gli audaci pensieri del vento.

    pag. 53

Esperienze ed emozioni così forti non possono avere né un ora né un prima né un dopo; come è ben condensato nell'epigrafe della raccolta, improntata al poeta colombiano Giovanni Quessep: "Ogni speranza ha la sua memoria, / un sole di ferro, un pianto d'esilio".



da Avvenire, 3 giugno 2007, di Leone D'Ambrosio     (inizio)

Le "Mappe colombiane" di Alessio Brandolini

"Mi sento un 'poeta contadino' che punta a una semplicità articolata, con tanti rami e foglie, e i piedi ben piantati nella terra, che però vive in una città densa di storia, di traffico e di smog, come Roma. Per fortuna il mio terreno è a soli 30 chilometri e appena posso lo raggiungo. Ho coltivato la mia poesia in solitudine, anche se le prime pubblicazione su rivista risalgono al 1989. Non mi sentivo in sintonia con tanta poesia italiana, in gran parte in quell'epoca nel mezzo d'una deriva orfica o ancora legata alla neo-avanguardia, dove nella scrittura in versi la letteratura conta più della stessa poesia. Negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Mi sento vicino alla poesia che tende alla chiarezza, che talvolta s'avvicina a cadenze prosastiche, ma internamente pura, intensamente lirica. Non è un caso, quindi, che in questo clima poetico nuovo e a me più vicino, ho pubblicato nel 2002 Divisori orientali ("Premio Alfonso Gatto - Opera prima"), con molte poesie dure legate alla vita in città, e nel 2004 Poesie della terra (nel frattempo tradotte in spagnolo da Martha Canfield e in sloveno da Jolka Milič). Poi è giunto l'invito a far parte della giura del premio di poesia "Pier Paolo Pasolini" ed è uscita la raccolta Il male inconsapevole (finalista premio "Sandro Penna") per l'editore triestino "Il Ramo d'Oro". Qui ci sono testi in cui parlo di guerre, di torture sui prigionieri. Ecco, questo è il mio impegno poetico, umano e civile. Però una poesia se è buona è già di per sé un'operazione di civiltà e, in qualche modo, anche di resistenza".

A parlare è il poeta Alessio Brandolini, che lo scorso 25 maggio ha presentato presso la libreria Piermario & Co. di Latina la sua ultima raccolta di liriche, Mappe colombiane (LietoColle, Faloppio, 2007), che fra qualche mese, tradotta in spagnolo, uscirà anche in Bolivia (Mapas colombianos):

    Temo per l'anima dell'uomo
    per la nostra ombra invisibile
    smarrita o prigioniera
    di deboli raggi lunari:
    faticano ad arrivare al suolo
    scaldare corpi, svagati pensieri.

"Il viaggio non è soltanto andare: è anche tornare; allora, di quale 'viaggio all'indietro' ci parla Alessio nei suoi primi versi? Forse sarà che dall'altra parte del mare è presente ciò che per il poeta è passato, presenza e assenza. Occorre premettere che agli antipodi c'è il nostro volto, colui che siamo stati o che saremo. Perché la poesia di Alessio Brandolini è conficcata nella terra, e più che al albero, cerca di diventare radice. Così, il sogno diviene realtà dall'altra parte del mondo. In questa ricerca di essenze, la geografia non è locale, è universale, poiché è concentrata sull'umano, su quel modo di essere e di stare sulla terra - si legge nella prefazione di Armando Romero. - Come ogni territorio assurdamente limitato dalle frontiere, la Colombia è uno strano paese. Tuttavia, a mio giudizio, è un paese che permette l'amore senza concedere l'oblio, che suscita ira e dolore senza cadere nell'odio. È un paese che ci segna per sempre, perché è fatto per essere creato dalla nostra immaginazione, non come altri Paesi della nostra terra americana, per esempio il Messico, dove la presenza di un passato precolombiano schiacciante lascia poco spazio all'immaginazione":

    Se qui lo guardi spesso
    puoi trovarti in un cielo
    dagli occhi iniettati di sangue
    le labbra incollate di pioggia
    e se a spasso incontri la luna
    ti parlerà del suo cuore malato.



dai siti Fabruaria e Farapoesia giugno 2007, di Caterina Camporesi     (inizio)

Mappe Colombiane:
il viaggio in versi di Alessio Brandolini

Da sempre il viaggio è sinonimo di esperienza dai molti significati, che, entrando a fare parte del mondo interiore di chi lo compie, contribuisce ad arricchire il serbatoio dei ricordi e a favorire possibili trasformazioni lungo l'asse della propria crescita psicologica, conoscitiva e umana.
I luoghi visitati, come suggerisce un altro poeta viaggiatore, Alessandro Ramberti, s'inscrivono in maniera indelebile nella psiche, sino a farne una topografia interiore.
Non meraviglia quindi che la Colombia, terra visitata da Alessio Brandolini in occasione del Festival internazionale di poesia di Medellín nel 2004, si sia incisa nel suo cuore e nella sua mente, scavandosi in modo ostinato una mappa segreta dei territori conservati.
Attraverso la rielaborazione e la complicità dell'immaginazione creatrice, l'impatto visivo, sensuale e spirituale, è confluito nella scrittura di questo volume, i cui testi si distinguono per fluidità ed eleganza del verso.
Il viaggio, amalgamando sogno e realtà, è diventato così scrittura poetica e il paesaggio reale e trasfigurato, di questa splendida terra del continente latinoamericano cattura lo sguardo del lettore con l'arazzo delle stelle / che snuda la schiena / impervia delle Ande, le savane, le piante, i fiori, i villaggi lontani, le città, le grandi case coloniali, con il ricordo delle "vicende orrende della conquista" associate alla ricerca dell'oro.
Il lettore partecipa anche al respiro degli alberi giganti con le loro radici ben piantate nel terreno, accarezzati dal "soffio regolare dell'altipiano", simpatizza con i volti degli indios, le mani, le bocche degli altri suoi abitanti, che, entrando per sempre nelle "tasche del cuore" del poeta, lo fanno diventare uno di loro.
Ne consegue che personaggi e paesaggi di Mappe colombiane (2007, LietoColle) entrano anche nei nostri cuori e i poeti Rendón, Fernando e il figlio Lucho, Czury, Rivero, Robledo, Gabriel Franco, il messicano José Emilio Pacheco, per ricordarne solo alcuni, con i loro suggestivi nomi, ghermiscono la nostra attenzione e la nostra simpatia, unendoci, nel nostro essere soli, "al respiro di tanta gente".
Interessante la prefazione di Armando Romero al quale è dedicata una poesia che è un omaggio al suo La radice delle bestie (Sinopia, 2004), libro di racconti di tale iperrealismo verbale, da legittimare il poeta romano Alessio Brandolini a chiedere allo scrittore colombiano di tornare a Roma a riprendersi le sue bestie, perché lui desidera tenere per ricordo soltanto "il fulgido cavallo bianco".



da La Provincia, 25 maggio 2007, a cura della redazione culturale     (inizio)

ALESSIO BRANDOLINI, IL DOLORE CONDIVISO

Nasce dalle suggestioni di un viaggio in Colombia la nuova raccolta del poeta romano Alessio Brandolini, Mappe colombiane (LietoColle editore), che sarà presentata oggi alle 18.30 presso la libreria "Piermario & Co." in via Armellini a Latina. Sarà presente l'autore.
Paese di lussureggiante e violenta natura, affondato in una crisi economica e sociale che non può non lasciare ustioni sulla sensibilità di chi viene da altrove, la Colombia per Brandolini è una maschera e uno specchio, in cui sottoporre a continua verifica la propria umanità e la capacità di capire e condividere il dolore degli altri, anche tramite lo strumento della parola.
Potremmo disegnare verso dopo verso, città dopo città, un'ideale cartografia della Colombia sulla traccia delle poesie di questo libro, che esce contemporaneamente anche in lingua spagnola. I versi, di misura breve, hanno incisiva e severa forza. Alessio Brandolini si cala nel paesaggio e nell'identità di un paese "altro" fin quasi a perdere la propria:

Sono strano
straniero.
Anch'io sono indio.
Ogni immagine o ricordo della Colombia spinge l'io poetante verso la tentazione della comunione con la natura e con un'innocenza arcaica; ma a impedire che il resoconto del viaggio si muti in "codice privato" interviene una forte componente di umanesimo e solidarietà:
La speranza tiene per mano
gli uomini e non li fa
sprofondare nell'oceano.
E infine la poesia conduce dalla scoperta di un mondo lontano e, insieme, alla scoperta di se stessi, di un'identità plurale, perché in quel paese ferito ci sono anche frammenti del nostro volto.



da Latina oggi, 25 maggio 2007, a cura della redazione culturale     (inizio)

BRANDOLINI, MAPPE COLOMBIANE

Mappe colombiane (LietoColle) di Alessio Brandolini è una raccolta poetica già in uscita in lingua spagnola. È l'opera di un autore conosciuto a Latina dove, lo scorso anno, presentò il suo Il male inconsapevole (Il Ramo d'Oro).
Oggi torna ad essere protagonista presso la libreria "Piermario & Co.", in via Armellini, con versi dedicati a un viaggio. Versi belli e a tratti inquietanti che dicono molto di questa terra lontana, ne colgono le testimonianze di un passato affascinante, ricordano l'innocenza della sua gente e affinano la sensibilità di chi legge a scoprire identità di sentimenti.
La serata avrà inizio alle 18.30 e sarà coordinata da Fabio Pedone, presente l'autore.
Nato a Frascati, Alessio Brandolini si è laureato in Lettere moderne. Il suo esordio come poeta avviene nel 1989 sulla rivista "Galleria", all'epoca diretta da Leonardo Sciascia. Nel 1991 arrivano i primi premi, seguiti da altri riconoscimenti per l'intensità delle sue pubblicazioni.
Attualmente Brandolini collabora a varie riviste ed è redattore del sito gialloWeb, del sito Fabruaria e della rivista "Almanacco del Ramo d'Oro". Dirige la rivista on-line "Fili d'aquilone" e fa parte della giura del Premio internazionale di poesia "Pier Paolo Pasolini".



da La Provincia, 23 maggio 2007, di F. P.     (inizio)

SE IL VIAGGIO DIVENTA SCOPERTA DI POESIA
MAPPE COLOMBIANE, di Alessio Brandolini

Il viaggio fa avanti e indietro come la spola di un ricordo che si riscopre nel presente, e tesse la trama di un paese/paesaggio, come nel bel disegno di Stefano Cardinali che illustra Mappe colombiane, la nuova raccolta di uno dei più interessanti poeti italiani contemporanei. Il libro, uscito anche in lingua spagnola e pubblicato in Italia da LietoColle di Como, sarà presentato venerdì 25 maggio alle ore 18.30 presso la libreria "Piermario & Co.", a Latina in via Armellini 27, alla presenza dell'autore.
Alessio Brandolini ha esordito come poeta nel 1989 sulla rivista "Galleria", all'epoca diretta da Leonardo Sciascia. Poi, nel 1991, ha vinto la sezione inediti del "Premio Montale" con una silloge poetica, L'alba a piazza Navona, poi edito da Scheiwiller nel 1992. Nel 2002 pubblica Divisori orientali (Manni, Lecce - "Premio Alfonso Gatto 2003 - Opera prima"). Nel 2004 per l'editore LietoColle esce Poesie della terra, mentre nel dicembre 2005 è la volta de Il male inconsapevole (Il Ramo d'Oro, Trieste).

Mappe colombiane è un nuovo tassello che si aggiunge all'opera del poeta romano dopo Il male inconsapevole, già presentato a Latina nel maggio dell'anno scorso. Se quello era un libro di singolare asprezza espressiva, dominato da violente sensazioni visive e tattili, con le Mappe colombiane (composte in un periodo precedente) la lingua si orienta verso un pulito equilibro raccontando in versi (di misura breve ma di "scala maggiore") un viaggio latinoamericano che dal sogno approda, passo dopo passo, alla realtà, costruendo da lontano una grande metafora della Colombia con la forza espressiva di "versi belli e inquietanti", come scrive nella prefazione del volume il poeta colombiano Armando Romero.
Alessio Brandolini si cala nel paesaggio e nell'identità di un paese "altro", bellissimo e ferito, fin quasi a perdere la propria:

Sono strano
straniero.
Anch'io sono indio.

Il mare, la foresta, le albe sulle alte erbe, le maschere d'oro degli antichi sciamani, le statue dei santi barocchi delle cattedrali e il chiasso dei mercati popolari: ogni dio o demonio, ogni presenza della Colombia spinge l'io poetante verso la tentazione della comunione con la natura e con un'innocenza arcaica, anche se ad impedire che il resoconto del viaggio, città dopo città, si muti in "codice privato" interviene una forte componente di umanesimo e solidarietà:

La speranza tiene per mano
gli uomini e non li fa
sprofondare nell'oceano.

Se la poesia non è un sermone sacro o un delirio procurato ma una verifica continua delle proprie stesse condizioni di umanità, nel dialogo e nella condivisione del dolore vicino e lontano, può dalla scoperta di un paese straniero partire alla scoperta di un nuova identità di chi scrive: nelle acque dei fiumi e tra il fogliame impenetrabile delle foreste sono disseminati anche frammenti del nostro volto.



dal blog I libri in testa, 21 maggio 2007, di Elvio Cipollone     (inizio)

Un viaggio tra le Ande

La poesia è umile. Faticoso cammino di ricerca. Quando poi si raggiunge la vetta, lo stupore cancella il sudore. E resta l'estasi della scoperta. Gli squarci aperti. L'ingenua pretesa della conquista. Un nuovo punto per osservare la vita. La parola giusta che interpreti il sentimento e lo trasmetta. A chi?
Questo è un mistero. Chi osa avventurarsi oggi tra i meandri scoscesi di una nuova poesia? In questo mondo di merci e stordimento non è di moda domandarsi il senso di quello che ci capita. Disturberebbe il mercato alterando il planning del business. E però...
Il bello non è soggetto a contrabbando. Esso resiste - parola che s'impone come imperativo categorico, direbbe Kant, in quest'epoca di smarrimento - Resistere.
Dunque il bello resiste. Magari nascosto, silente. Non fa notizia ma c'è, pronto a dare ristoro a chi lo cerca in una nuova sequenza di note, un racconto rivelatore, un verso felice.

Con questo spirito mi accingo ad esplorare le Mappe colombiane di Alessio Brandolini. E mi ritrovo subito d'accordo con la bella introduzione del poeta colombiano Armando Romero: è un viaggio, un andare e un tornare. Un esiliarsi doloroso ma indispensabile se, come diceva Joyce, si vuole provare a capire se stessi, mettere ordine ai ricordi.
E allora partiamo Alessio, guidami per quelle "strade di mani tenere" che "di rovi e ortiche / più non hanno alcun timore".
Attraversiamo pure senza reticenze "le devastazioni della violenza" fino al punto dove ci sorrida "lieve e innocente" la muerte. Non indietreggiare di fronte alle bestie o alla "schiena impervia delle Ande".
Dobbiamo osservare scrutare rovistare, oltrepassare la scorza dura del male per arrivare alla tenerezza d'un abbraccio. Venga dunque la Fiesta dolce dell'allegria, dei compagni, del volo amoroso d'una farfalla. Dopo però, soltanto dopo, le ore affollate delle città, le notti lunghe e i silenti cimiteri.

In questo viaggio dove la carne brucia e il sogno si fa trama, ritrovo il verde delle foreste, la voce dei fiumi, il coraggio dell'incontro umano e il tempo antico della storia. Perciò sento uno strappo quando l'aereo lascia il suolo e sorvola le Ande e l'oceano. Quella "variazione di peso e di percorso" mi riconduce d'un botto alla periferia di Roma.
Eccomi di nuovo per la città eterna, tra scheletri di vicoli conosciuti, ma da oggi "ti avanzo un ricordo", un'esperienza, una scomposizione di confini, un rimescolamento di immagini, la sensazione di sentirmi amalgamato con uomini e donne che non conoscevo.



Relazione al convegno ""La parola studiata e creata - Celebrazione dell'ispanismo", Università degli studi di Firenze, 15-17 maggio 2007, di César Fredy Pongutá Puerto     (inizio)

Mappe Colombiane di Alessio Brandolini

Funzione della letteratura è creare identità e costruire comunità.
Questo secondo quanto afferma Umberto Eco in un recente saggio pubblicato nel suo libro dal titolo Sulla Letteratura (2003).
A dire il vero, l'affermazione suona strana nel semiologo. Conosciamo Eco come critico attento e severo, contrario alla strumentalizzazione del pensiero funzionalista così come alla significativa rigidità dell'ala più radicale della scuola strutturalista. Ragione per la quale è necessario proseguire adagio, dato che il fine pratico dell'arte obbedisce più alla descrizione di un risultato che a un programma o compito da espletare. La letteratura mobilita la nostra identità, spinge il nostro destino, di fronte al quale più che a indicargli il cammino, possiamo avventurarci a tracciare la mappa della sua traiettoria già realizzata.
Vorremmo quindi, come colombiani, manifestare l'ansia con la quale aspettavamo Mappe colombiane (2007, LietoColle) di Alessio Brandolini. Saremmo felici di credere che se un poeta di Roma, dell'importante Italia, si occupa del nostro paese non stia obbedendo ad altra ragione se non a una testimonianza del cambiamento che implica il superamento dei nostri conflitti sociali così come a una trasformazione che sorge dal proprio sangue. Saremmo contenti se leggessimo questi versi di Brandolini come la rappresentazione di una "rinascita colombiana". Ma le possibilità d'interpretazione che la lettura concede reclamano un rispetto e una fedeltà al testo che compone il libro di poesia. È, quindi, possibile presentare una prima ipotesi di approssimazione: Mappe Colombiane più che una poesia della rappresentazione corrisponde a una poesia della sensazione. Ma che significa questa contrapposizione?
In un testo rivelatore Gilles Deleuze, studiando la condizione plastica dei quadri di Francis Bacon, afferma che la rottura con il figurativo non è un sentiero esclusivo dell'arte astratta, poiché la ricerca di un nuovo cammino è ugualmente possibile in ciò che denomina "la figura", così, senza altri annessi morfologici che l'inflessione di numero e di genere. La Figura, più che raccontare o rappresentare, si appoggia a se stessa, nella sua materialità, nella sua interiore forza espressiva.
Deleuze aggiunge che non si tratta di un'originalità di Bacon ma che, per esempio, questo già avviene in Paul Cézanne, il quale più che inventarla, riesce a dare alla Figura uno statuto.
Per questo, in sintonia con la nostra ipotesi, rinunciamo all'isotopia o al percorso di lettura che risulta tentatore, e di sicuro pericoloso quando ci immergiamo in Mappe colombiane di Alessio Brandolini. Non si estrarrà dal tessuto un filo conduttore di un racconto, non forzeremo i versi in un esercizio indicativo di taglio referenzialista per farli corrispondere agli aneddoti vissuti da Brandolini durante il suo soggiorno in Colombia. Considereremo questi versi come un palpitare discontinuo, come un battito irrequieto del cuore, come una poesia della sensazione:

    Nel tuo sguardo non c'è una storia
    Solo il sogno che brucia e si fa carne
    lento respiro e poi, all'alba
    o a notte fonda
    intenso desiderio che ci avvolge
    o colpisce, e senza pietà ci strozza.

    (pag. 29)

La Figura è, quindi, la forma sensibile relazionata alla sensazione, movimento vitale, è un temperamento, un sentire l'accadere (non un raccontare), "la figura" nei versi di Mappe Colombiane esprime l' esperienza propria della sensazione:

    Quello che pensi
    io non lo chiedo
    lo sospiro soltanto.
    vivo sordo
    pieno di peli
    e foglie gialle.
    Mi spargo nel buio
    intanto erodo
    le parole scavante nella roccia
    nell'acqua mi scrosto dal male.

    (pag. 44)

Vale ancora far risaltare, dalle parole della raccolta poetica, non tanto quelle dove entra la Colombia, bensì sottolineare la sensazione che si scrive, la parola in se stessa, non in modo ontologico ma corale: la sensazione ci commuove, si trova nella pelle dei versi, è la sua stessa carne.
Nei testi poetici si avverte una giustapposizione di significati che configurano una grammatica la cui funzione è quella di essere via o passaggio di un cuore che canta e di una respirazione che mormora:

    Di milioni di facce
    oggi il mondo si sveste
    siamo soli, ma uniti
    al respiro di tanta gente.

    (pag. 30)

Anche se questo sentiero della sensazione genera un inconveniente che non riesce a convincerci del tutto, specialmente di fronte all'intenzione che con tale forza emerge da queste poesie. Alla debole forza rappresentativa che possiede "la figura" è necessario avvertire l'assenza o il vuoto di un accadere riferito. Ma questi versi della sensazione vanno alla ricerca di una peculiarità. Qui c'è un percorso, c'è uno sguardo:

    Siediti e osserva
    le indelebili impronte
    dei volti incontrati per strada.

    Infondono il necessario coraggio
    parlano della vita e del lavoro
    poi ti raccontano una nuova storia

    (pag. 34)

Si può allora trattare un aspetto che risulta importante per la comprensione in generale di quella presenza del narrare che si manifesta nella poesia, e che a volte porta a una sterile separazione dei generi. La poesia è narrativa senza che in essa sia necessaria la configurazione di un racconto. Seguendo perlopiù una vocazione pedagogica chiameremo questo aspetto "la narratività": la poesia comporta un senso di narratività senza che per questo si debba chiudere nella narrazione di un evento. Su questo aspetto Paolo Fabbri ci commenta che la narratività è soprattutto un atto di configurazione del significato. Con essi i segni, e nel caso concreto della poesia, la parola, più che rappresentare concettualmente un mondo dinamizza un processo di significazione, pertanto le poesie di Mappe Colombiane sono i suoni del cuore e non la voce che spiega concettualmente la Colombia.
La forza della Figura, la sensazione del proprio corpo di questi versi, processano un impulso di significato indagabile nella propria modifica o metamorfosi espressa in quella voce che li enuncia:

    Sono strano
    Straniero.
    Anch'io sono indio

    (pag. 77)

    Per questo l'esilio
    può tramutarsi
    in sogno senza sosta
    in un lungo tragitto
    o nel sangue che scorre.

    Di padre in figlio
    passa fluido e sicuro.

    (pag. 87)

    Mai era stato così se stesso,
    nemmeno quando un giorno
    di fine giugno venne al mondo.

    (pag. 33)

Questa narratività opera la trasformazione in vari aspetti. Ora parleremo di essi velocemente. In prima istanza: la sensibilità di fronte al prodigio della terra, dove l'esplosione dei sensi si mostra attraverso alcuni versi più conformi all'istintivo o al passionale che all'espressione razionale. È necessario tener presente che Brandolini è un "poeta della terra":

    Giugno è il mese più bello
    lo gridano i colori
    l' intensa notte equatoriale
    con il verdeggiante rumore.

    (pag. 13)

Dall'altro lato, questi versi iniziali del libro ci vincolano a un altro tema che occorre approfondire. Parlo dell'immaginario culturale, l'incontro con ciò che sin dalla tradizione, dal lascito, dalla voce del passato, permette di comprenderci. La relazione diretta con Eliot e, allo stesso tempo, la fratellanza con la poesia di Aurelio Arturo. Questo immaginario poi si fortifica con i musei di Bogotá, i suoi quadri, le sculture di Botero nelle strade di Medellín, o con quegli spazi che, come fantasmi, lievemente respirano la loro presenza invisibile di fronte al poeta:

    Alla Casa di Silva
    ci sono state due volte
    per questo ora ci resto.

    Tutti i giorni le piante
    annaffierò con calma
    nel cortile fresco di morte.

    (pag. 45)

Ma di fronte a questo espediente che potrebbe apparire intellettuale, c'è un gesto liberatore: il richiamo diretto, nei versi di Brandolini, ai nomi propri dei suoi amici colombiani. Si nomina per riscattare, per differenziare, si descrive per distinguere. Insieme a quei nomi si ricordano i sorrisi, le mani e quelle voci spontanee e semplici con cui la poesia s'incrocia in un freddo angolo di Tunja o nelle antiche strade coloniali di Villa Leyva.

Se la poesia di Alessio Brandolini è un viaggio la cui affezione dell'anima obbliga a tracciare una "mappa" durante il percorso, capace di esprimere la sensazione, questa avventura è anche una forza che obbliga a distinguere, precisare un ordine che permetta la comunicazione di quel che si vuole dire. Nominare è portare dall'altro lato della mappa gli esclusi, a causa della nostra fretta, di fronte ai nostri discorsi o risultati. Il verso indica lo scomparso o il dimenticato, o colui che è vicino ma che per una sventurata miopia ci risulta difficile percepire. Al nominarli traccia le sue voci, abbozza i loro volti. Per questo non vi è distanza tra Martha Canfield e Simón Bolívar, tra Cristoforo Colombo e Armando Romero. È una mappa che rende conto non della conoscenza dello spazio bensì esprime la necessità di tracciare il sentimento. La mappa e l'avventura, Colombo e la Colombia, la scoperta del proprio attraverso la forza della trasformazione.

Mappe colombiane di Alessio Brandolini è un titolo che si traccia con un polso tremante a causa del sentimento. Dicevamo all'inizio che vorremmo che questi versi potessero rappresentare per poter finalmente calmare i nostri impulsi, per tranquillizzare e poter così riposare. Ma questo battito del cuore non è solo l'effetto del cambiamento per il poeta, piuttosto la sua lettura ci scuote a tal punto che ormai non possiamo fare nulla per evitarlo. Umberto Eco dice che di fronte alla letteratura sperimentiamo un'impotenza sorprendente che non è altro che la nostra impossibilità di cambiare ciò che la fiction ci insegna, come i lettori umani che siamo, di fronte alla forza devastante della morte. Ho ricordato Aurelio Arturo, e non è stato casuale: forse è la poesia che può meglio spiegare la poesia di Alessio Brandolini sulla Colombia, lo dico perché durante la realizzazione di questo lavoro, alcuni versi del poeta della regione di Nariño, nel sud della Colombia, hanno continuato a risuonare in me senza pausa: Non è per te questo canto che splende dalle tue lacrime, / Non per te questo verso di melodie oscure, / Ma tra le mie mani il tuo tremore ancora persiste / E in esso, il fuoco eterno delle nostre ore mute.

traduzione dallo spagnolo di Sara Pagnini



da Avanti!, 3 maggio 2007, di Alberto Toni     (inizio)

Versi & Commenti

"Sciogliersi nel paesaggio, ecco la tentazione e il godimento del poeta e della sua poesia". Queste parole, tratte dall'introduzione di Armando Romero alla raccolta di Alessio Brandolini, "Mappe colombiane" (LietoColle, 87 pagine, 13,00 euro), riassumono lo spirito del libro: un viaggio dentro il paesaggio, "un intero paese nel cuore del poeta". "Qui è tutto un viaggio / e i voli sono quelli / di chi si è fatto foglia". Brandolini attraversa un paese, ne capta i suoni, le atmosfere, ne rivive la storia nel profondo e ne racconta il flusso di pensieri che lo agitano:

Nell'immensa piazza di Tunja
mi tremano le gambe
e la mano destra racconta
alla sinistra le vicende
orrende della conquista
le frenetica ricerca dell'oro
le malattie venute dall'Europa.

Ecco, dunque, la poesia farsi testimonianza, vivere in metamorfosi; il paesaggio è tutto nei versi, non soltanto vissuto con gli occhi, ma depositato: "Ascoltiamo in silenzio / le proposte della savana". Così le belle albe o le notti andine rivivono in immagini nette, le facce e i corpi di Botero, la leggendaria figura di Bolívar che "sprona / al viaggio equatoriale". Dall'altra parte del mondo il poeta, "strano / straniero", cammina "con gli alberi ai piedi / mentre dai sassi / vien fuori la pioggia".



dal sito Vico Acitillo 124 - Poetry Wave, 1 maggio 2007, di Raffaele Piazza     (inizio)

Alessio Brandolini: Mappe colombiane

Alessio Brandolini è nato a Roma nel 1958 e può essere considerato uno dei poeti maggiori della sua generazione, a prescindere dai numerosi e importanti premi vinti per l'edito e dalle numerose pubblicazioni su riviste letterarie, tra le più importanti nell'odierno panorama letterario: si può fare la suddetta affermazione se si parte dall'assunto che un poeta, per essere autenticamente tale, deve essere innanzitutto originale, avere per cifra distintiva il carattere dell'unicità, e Brandolini, oltre ad essere un fine versificatore, oltre a presentarci libri che nascono in un'officina che sottende strumenti espressivi notevoli e una grande coscienza letteraria, è un poeta veramente originale, riuscendo ad elaborare una poetica che, di raccolta in raccolta, pur mutando i temi da lui trattati, sviluppa un linguaggio alto, un poein che è vagamente lirico e che con grande chiarezza, nella complessità, ci dona una scrittura caratterizzata da forti accensioni, da grandi illuminazioni, controllate magistralmente a livello formale.
Il testo di cui ci occupiamo in questa sede ha per protagonista la Colombia, il paese sudamericano che è caratterizzato da una natura lussureggiante e affascinante, che è lo sfondo idilliaco di una situazione sociale e politica molto precaria, da una sofferenza, da una miseria della sua popolazione che non può non colpire il poeta, che la contempla con occhi di occidentale privilegiato. L'occasione che ha dato vita a Mappe colombiane è il viaggio compiuto da Brandolini in Colombia: il poeta non è rimasto insensibile nei confronti del clima davanti al quale si è trovato come osservatore non casuale.

Il libro non è scandito e ha un vago carattere poematico, una forte unitarietà, attraverso i componimenti, tutti senza titolo, e costruiti da versi brevi e verticali. C'è un senso di sospensione, di mistero e anche una ricerca a livello antropologico della Colombia, della sua arte e della sua gente: si cerca una provenienza. Brandolini interiorizza tutto ciò che vede e sente, toccando con mano una realtà che molto spesso viene dimenticata da chi vive in paesi che, per qualità della vita, dalla Colombia si differenziano. C'è in Mappe colombiane una fortissima densità metaforica e semantica, che si concretizza in una scrittura icastica e leggera nello stesso tempo. È quella di Brandolini una poesia tutta terrena che sembra scavare nelle profondità di quello che è il senso della vita di un popolo tanto penalizzato, anche se, a volte, in brevi momenti, si può scorgere una luce salvifica anche per i colombiani, luce che non rimane, possesso solo per chi si affaccia sullo scenario come turista, come lo stesso Brandolini. Decisamente è un esercizio di conoscenza quello che compie Alessio Brandolini, che riesce ad entrare in empatia con la popolazione, le piante, gli animali e la catena montuosa delle Ande, che assume un aspetto numinoso per il poeta, spettatore volontario di ogni elemento con il quale si trova a interagire.

Brandolini è un poeta che non soltanto sa come portarsi nel cuore un intero paese come per crearlo o ricrearlo, ma sa inoltre come appropriarsi di una realtà che, per quanto bella, non è meno dolorosa. Il poeta, se da una parte si lascia sedurre dalla bellezza della Colombia, dall'altra indica senza ambiguità che non c'è bellezza nella violenza in questo contesto. Da poeta che sogna ma che sa anche vedere lucidamente la realtà, Brandolini riconosce che la combustione del sociale e del politico non si ferma e condiziona ogni movimento. Per questo in alcune delle sue poesie chiama in causa l'artista Fernando Botero, affinché le sue immagini l'aiutino a vedere quelle "devastazioni della violenza", quello "scheletro della muerte / che sorride lieve e innocente".
Nei suoi testi la poesia di Brandolini scorre su una scala maggiore; i suoi versi producono sempre la nota più alta perché sono fatti di una fibra sostanziale, seminata nel profondo, così come la radice di quegli alberi, sottile e flessuosi, che sfiorano il cielo con le foglie. C'è in queste poesie una divaricazione tra bellezza e dolore e l'io poetante si alterna con una voce impersonale che, con una metafora teatrale, potremmo definire fuori campo.
Programmatico il componimento iniziale della raccolta:

Giugno è il mese più bello
lo gridano i colori
l'intensa notte equatoriale
con il verdeggiante rumore.

L'infanzia la trovi per strade
di mani tenere, ma coraggiose
perché di rovi e ortiche
più non hanno alcun timore.

L'arazzo delle stelle
snuda la schiena
impervia delle Ande.
Ho bisogno di un flusso
discreto di carezze
di questa luna audace
che arrossa il buio
calma i colpi del cuore
rafforza la memoria
dona allegria alla voce

e al pianto dell'esilio.

Dal testo citato possiamo comprendere quanto sia notevole l'intensità di questi versi e di tutto il tessuto che forma la struttura del libro. C'è nei primi versi di questa poesia addirittura un avvicinamento al grande Eliot e al suo La terra desolata, quando Brandolini afferma "Giugno è il mese più bello", corrispettivo al contrario dei celeberrimi versi "Aprile è il più crudele dei mesi".
Un aprirsi tout-court all'altro, innanzitutto al tema trattato, quello della Colombia, e poi al lettore, poeta o critico o semplicemente amante della poesia.



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