Quello che non merito
Dentro di noi ci sono i pali delle luci e i segnali abbattuti dal freddo polare mi tendi la mano a uncino e io l'afferro mi sollevo appena sulla punta dei piedi. Più in alto trovo la sabbia e l'allegra fila delle orme degli uccelli: la scrittura insonne, vibrante nel rosso delle rose nelle vene che scoppiano sulla fronte nei segni dell'abbandono, delle spine e sotto i cavi ghiacci perché uso il male come un piccone, un martello pneumatico vado a fondo nella carne (la mia, la nostra) porto via il fegato, i polmoni, il cuore. Quello che resta degli occhi.
Un sorso d'aceto
Sono mesi che ritocco la tela che scuote emozioni da secoli date per disperse gli alberi dalle foglie riprese di profilo le guerre stellari che nascondono il sole. Avevo sete ed ho bevuto il tuo aceto il peccato era immobile in un fosso arso il fitto bosco di croci assopito il suono distorto del rimorso. Sulla notte non aggiungo altro. Mi riconosco dall'odore umido dal latte nero munto dal dolore dall'infanzia avuta o sognata o quella dei figli che ti restano accanto e scalzi entrano nel cuore lo scavano e li ascolto corrermi dentro sbriciolare il male con le mani e lo sguardo. Per questo quando scrivo cancello le parole.
All'aeroporto
Con le miscele sporche non ti stacchi da terra nemmeno d'un millimetro resti bloccato al solito spoglio sistema. Infili l'ago nell'indice e nel pollice li cuci assieme in un cerchio perfetto nella O maiuscola che vaga in cerca d'una kappa a basso prezzo. Con le tue trame assurde e i sogni sconclusionati che cercano casa i continui ritocchi ai quadri della vita resti una specie d'oggetto misterioso con la poesia attaccata dappertutto: strappa un pezzo alla volta, buca il naso e gli occhi ti trasforma in energia protesa al nuovo, o al nulla.
... il continuo susseguirsi di ferite e mutilazioni non è un gioco. coesisti a fatica con la perversa illusione di sottrarti ai colpi, agli attacchi del destino. resti immobile negli anni senza fare troppe acrobazie. ti attacchi dove puoi, però ci sono mani che allentano la presa. soffri e godi nel timore d'avere ancora vent'anni. d'esserti padre e stare rinchiuso nella piccola stanza dei Crociferi a rigirarti in un letto senza materasso, né lenzuola. ad aspettare impaziente l'abbraccio notturno con la fontana di Trevi. nell'ottimismo a ogni costo c'è puzza di bruciato, di morti cancellati o nascosti. di rinuncia al sogno, a capire fino in fondo il dolore. ma la speranza è il chiodo che regge la croce, e in qualche modo la rinsalda. Forse per questo trascorro le notti all'aeroporto scruto i decolli e aspetto che mi crescano le ali.
Dicembre 04
Atolli sommersi dall'acqua marina scompare la terra, scompare la vita. Quando si nasce, si sa si è già come morti per questo nel manto verde dei sogni poi non ci sono più foglie, né spine. Quello che non capisco è come mai la tragedia attira soltanto gli occhi. non resterà nulla di questo istante, nemmeno l'odore delle rose. per questo frulli via la lingua e la musica e quest'aria incosciente e assassina che ci lascia respirare è cristallo smerigliato. sguardi innocenti raggirano l'occhio, lo scavano nel bianco della pupilla, con un cucchiaio lo estraggono dal fondo del bambino, lo strappano dal ventre dell'adulto che mangia se stesso per nutrirsi e sopravvivere. il cielo è uno strato duro e liscio sotto i piedi, riflette il bene come se fosse il male e l'azzurro del suo sguardo come se fosse il buio d'un amore appeso ai sottili ganci stellari. poi ci assale la notte, divora il silenzio e alla terra fa molto male. È l'inferno. Dopo l'acqua ritorna nella solita culla e riposa per giorni. Che dormano in pace i morti sepolti!
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