CON I NEON NEL CUORE
avevo bisogno del tuo sguardo d'occhi sempre aperti per confondermi le idee. perché aspettavo che il silenzio si adagiasse nell'antro del cuore (farfalla dalle ali stropicciate) e tu avresti dovuto abbatterlo nei pressi di fontana di Trevi dove ho vissuto i momenti più felici e quelli farciti con il fiele dell'esilio con il soffio della tua esistenza, con il tuo corpo che avrebbe potuto accogliere il mio. ho provato, sai, a seguire il canto: il sordo rumore delle rose era assordante. i ricordi. le facce. i pensieri che sbattono nel cervello i piatti per delle ore. meglio, allora, lanciarsi dal ponte coi professori-poeti e i poeti di professione, io sto con gli sguatteri della poesia. Tornare all'ombra tangibile, allo scarto di se stesso, alle menzogne sincere, al taglio della mano e carne, lingua e naso. alla verità impudica che sanguina persino sui manifesti pubblicitari. nel frattempo non trascurerò il giardino (mia tomba odorosa) e avrò sempre bisogno dello sguardo della tua forma che scroscia dalle altre mille immagini di Roma: a festa illuminata e persa dietro il fiume in fiamme, ai neon, al nido di lamiere, teli di plastica e cartoni dei rifugi dei derelitti. ai patinati e giganteschi oggetti (calze, orologi, auto, profumi...) reclamizzati da visi perfetti, da corpi ginnici abbronzati e ardenti. trovi la traccia persino nei i volti dei passanti di questa malattia che, in effetti, non lascia scampo: c'introduce nel pozzo poi lentamente ci affonda (acre oblio del sonno) nelle sue morbide braccia. |