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almanacco del ramo d'oro
quadrimestrale di poesie e cultura
anno II, n. 7, ottobre 2005

Contiene otto poesie dalla raccolta poetica inedita

IL FIUME NEL MARE

Prima c'era il mare. Tutto era buio. Non c'era sole, né luna, né uomini, né animali, né piante. C'era soltanto il mare, ovunque. Il mare era la Madre. Essa era acqua, che stava da tutte le parti, ed era fiume, laguna, ruscello e mare, per questo stava ovunque. La Madre non era persona, né niente, né cosa alcuna. Essa era spirito di quello che sarebbe venuto ed era pensiero e memoria.

Mitologia Koghi


Il percorso estivo lo traccio su fogli arancioni
per ricondurmi all'infanzia ho gli strumenti giusti
e quando mi preoccupo per i tagli sul collo
intravedo il residuo di un mosaico divino
abbandonato all'aperto, in una discarica di rifiuti.
Tornare a casa sdraiati in un vortice di pensieri
in un silenzio stonato che si blocca a mezz'aria
non è un gioco da ragazzi, né un giorno festivo.
Elettrico emisfero che altera prospettive e ricordi
nutre la voglia di riscatto e l'esca che s'aspetta
è lo squarcio lunare o il grido rauco del destino.

Nella stanza accanto però ci sono i figli
che giocano nel sonno
e io con loro sono un cucciolo di cane
in cerca d'affetto, in cerca d'una madre.

Trasparente si fa lo sguardo che sostiene la strada
i volti dal profilo smussato ripescati nel pozzo
perché a quest'ora notturna scende un ardore nuovo
d'erba bruciata, d'un giallo di chitarra e di ginestra.

*

Per evitare di scontrarsi
con il proprio lato peggiore
                           fuori
tre ore e mezza dopo il tramonto
accompagnato da un grillo nervoso
da volti di madonne pallide e materne
dall'ombra della sofferenza più tenace
dal solitario lavoro e dal silenzio
tritato dai camion dell'autostrada.

Ogni volta la notte estiva
frana a valanga
in uno di questi confusi scenari
e noi ne sappiamo ben poco
stando immobili sulla riva
facciamo solo finta di capire.
Così, tanto per dare
peso e sostanza alle parole
a quello che di noi rimane.

Nel fosso stanno carogne di cane
dal pelo ruvido e sporco incollato
al catrame, una scarpa senza lacci
dalla suola scollata e un recipiente
di legno, uno scrigno annerito
con sopra una scritta e un disegno.

Al volo prendo un ponte
un passaggio liquefatto
che conduce dall'altra parte
                           dentro
in uno slargo pieno di gatti
con intorno l'alto recinto
la difesa dei platani giganti.

*

Vorrei conoscere quello che pensi
quando ammiri i ruderi romani
murati alle pareti lisce e bianche
le lastre strappate alle tombe
le colonne che ora adornano
gli angoli esterni delle case.

Forse il calcolo innocente dei giorni
resiste stando attaccato al cipresso
osservando con la lente d'ingrandimento
la fila di formiche che indossano l'eterno:
tute nere da sub lo rendono perfetto, fluido
in apparenza accessibile, persino diverso.

Restiamo immobili a dormire all'ombra
con i teli colorati da spiaggia
e i costumi che prosciugano l'aria.
Faremo cento perfette capriole
più tardi, in alto mare
rivolteremo la pelle al nostro rancore.

*

La sera calcoliamo i granelli di sabbia
li tiriamo fuori dalla bocca e dal naso
dagli occhi arrossati dal sale
nel frattempo le stelle
ingoiano gli sforzi
infantili di sembrare innocenti
puliti, in perfetto equilibrio
con il cielo e la terra
il lesto passaggio dei giorni.

Servirebbe una fila illimitata
di stop, di semafori rossi
per contrastare l'assalto dell'onda
minacciosa del buio
dare più spazio alla vita assolata.

Scrollarsi dalle spalle
i dolori del mondo?
Restare imparziali di fronte
agli affanni e alle guerre
di principio millennio?
Non buttarsi via ma darsi coraggio
leggere nello sguardo dei bambini
nel lento andirivieni delle nuvole
nei riflessi della luce sull'acqua
che ogni cosa ricorda
e adagio scorre nei giorni futuri.

*

Subito: in pratica dal primo istante
si smette di litigare con tutti
con i cani e i gatti, persino con se stessi
con i centodue fantasmi portati sulle spalle
con i mattoni e i massi che bloccano i fiumi
diretti all'Adriatico oppure al Tirreno
persino con i ricordi ellenici dello Ionio.
Si sta distesi, immobili, a osservare il cielo
si aspetta il proprio turno così da mettersi
a remare nel profilo mitologico del Circeo.

Nelle serre da decenni usano i pesticidi
allora con un salto ci si ritrova nel volo
ci si stacca con gli uccelli dalle ali sottili
ci si confonde nel fitto del canneto
si ha voglia di rinunciare al lavoro
di lasciarsi cullare dal moto del mare
di ricucire gli strappi anche se poi
già l'hai fatto chissà quante volte
di raschiare la muffa venuta fuori
nell'ultimo periodo
e liberare la pelle
gli occhi e il corpo
fino a stupirsi
dell'insolito, indispensabile riposo.

*

C'era un vecchio seduto in pigiama
davanti a sé aveva un'acqua agitata
onde di lamiera tagliate dalla luna
il rumore assordante che angosciava
gli edifici bianchi e bassi del paese
gli scogli scuri di fianco alla riva.
Riprese a fare buche
anche se aveva pianto
già non ricordava.
Ora si sentiva felice
perché dagli occhi
gli era scolato via
l'offesa, e il male.
Il sole che indeciso s'affacciava
al di sopra d'un ammasso di nuvole
l'aria che scaldava le barche a vela
gli offrivano la foto da mostrare
con orgoglio ad amici e familiari
da appendere a una parete di casa.

Ben piantato stava in ogni molecola
l'ansito regolare e perfetto del mare
che nulla teme e all'alba non trema.

*

Anche tu ami gli uccelli bianchi
dalle ali morbide più del pane
per questo rubarti vorrei
alla fine d'un sogno e dell'estate
quando già si comincia a pensare
al ritorno al proprio quartiere
al monotono lavoro
ai problemi di tutti i giorni
alle leggi nefaste del governo
alle guerre e al fanatismo religioso.

Mi aspetti a un'ora insolita
con la mente che nuota
tra le onde e la schiuma
con le mani e i piedi nudi
che tracciano nodi nell'aria.

Oggi c'è qualcosa di strano
nell'odore salmastro del Tirreno
parla di te, di noi
unisce le nostre mani
i corpi nudi che tessono
trame dai colori precolombiani
un amore difficile, ma intenso.

*

Ho te fino a piazza Vittorio
poi al volo scendo dal tram
cammino e riprendo a pensare
ancora di più al fiume che scorre
tra le gambe dei palazzi umbertini
i treni della stazione centrale
porta umidità ai negozi (ora molti
sono cinesi), agli uffici e alle case.

Ho te, insisto, fino a Porta Maggiore
salto dal tram e prendo via Casilina
supero a piedi il raccordo anulare
la ragnatela esterna di Torre Angela
quella verde di Pantano Borghese
vado a destra e mi trovo nei vigneti
a passo lento risalgo verso il paese.

Tocco la pioggia con un dito
mi lascio portare dal vento
ho te fino al confine
lo dico per la ventesima volta
e dovrei pensarci più spesso
sì, certo, rifletterci sopra
per ore, per lunghe giornate
però non ce la faccio
ghermito come sono
dal giro turbinoso delle cose.

Cammino al buio sul ponte di foglie
tenuto in piedi da fragile canne.
        Sotto c'è il mare
        percorso dal fiume.



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