chi sono Alessio Brandolini
 
che cosa ho scritto

Nello sguardo del lupo
La Vita Felice, 2014
collana "Le voci italiane"
pagine 96, euro 13
ISBN: 978-88-7799-579-7


Scheda del libro (PDF)


Antologia della critica


16 poesie da Nello sguardo del lupo
tradotte da Martha Canfield
e pubblicate nella rivista web messicana
“Círculo de Poesía” il 28 settembre 2014.




La quarta

Chi sono i piccoli esseri filiformi che planano sul tetto o sul palmo della mano? Le immagini azzerano distanze per ricomporre i ricordi, indagare il presente.
Diviso in sette sezioni, ciascuna con un proprio ritmo e una sua voce e l’ultima parte (la più fitta) che dà il titolo al libro, Nello sguardo del lupo è una vasta esplorazione delle zone in ombra della nostra coscienza, delle relazioni sociali e sentimentali dove «l’amore è lo sparo/ che sgombra la mente». In cerca delle orme del lupo, della sua purezza, delle mosse e dei pensieri della belva isolata. Si battono territori lontani o familiari: una telefonata da un altro pianeta, uno specchio parla e le visioni salvano dal vuoto. Versi mongolfiera e occhi-proiettile sparati tra i varchi del silenzio per scardinare il guscio che racchiude l’animo umano, per aprire un sentiero tra i grovigli dell’esistenza.
Alternando brevi liriche a testi contundenti di più largo respiro – con innesti di brani in prosa poetica – Alessio Brandolini osserva e medita sull’universo, un campo incolto, l’infanzia, l’altro e l’altrove: la poesia è una sonda nel corpo e nella mente, una nave rompighiaccio.


Alcune poesie

 

 

dalla sezione COSTELLAZIONI

1

È già notte e il pallido chiarore lunare fonde
la corteccia dei noci che da qui si possono
solo intravedere, svelto lo sguardo vaga
per conto suo in cerca di luoghi solitari
di spazi dove fuggire e afferrarsi, di nascoste
costellazioni che spiano gli ululati della Terra.

Il buio di faville stellari è già un miracolo.
L’ansia s’inarca, scorre un groviglio di stelle
l’invisibile movimento di altri sistemi solari.
La luce sgrana le tenebre, dilaga l’effluvio
dell’erba e il buio deflagra allo schiudersi
del giorno. Nel plumbeo cielo di Roma
il vento si blocca e piccoli esseri filiformi
planano sul tetto: stanchi crollano all’istante
pensando ai pianeti in fuga, ai lupi da accudire.
All’alba corrono allegri sui palmi delle mie mani.


dalla sezione GERMOGLI NEI GROVIGLI

Stavo per essere giustiziato e ridevo
sussurrando al boia: «Fai presto
amico, agisci come se l’io non ci fosse».
Sotto la forca le gocce di sangue
germogliavano al buio. All’alba il nodo
scorsoio stretto al collo ti rese più vivo
.


dalla sezione L'ALTRO E L'ALTROVE

La luce viene dal buio, non c’è conflitto
senza l’incontro. Scendi, sali più in alto
e il vuoto copre le macerie, chiude
le zone esplorate, i rari giorni nella culla.
Da più di trent’anni lavori senza guanti
strappi chiodi coi denti, usi la lingua
per schiudere un varco tra gelo e neve
un’esistenza estesa al mondo e all’altro.

Che splendida bocca piena di labbra
di lividi e rimorsi, di pezzi del mio corpo!
Da Saturno riflessi d’oblio, nello sguardo
le cavità del rosso: la fame di vita, la folle
voglia di fughe e d’un lento percorso.
Tra lettere e vecchie foto trovi le prove:
finestre appostate a spiarci, impronte
sull’acqua, un mare fra l’altro e l’altrove.


dalla sezione CHIAMO DA UN ALTRO PIANETA

I varchi del silenzio

I primi mesi sono stati pesanti, poi l’erba cosmica
ha avvolto detriti, rampe, ora semi bucano la polpa.
Tempo di potare a corto: salgo e trovo la voragine
l’isolamento espanso. Due parole per l’ottantesimo
compleanno, la terra in sonno e partendo non basta
un abbraccio. Radici vorremmo portarci dietro
le fibre della nostra specie. Il buio curva gli ulivi
assorbe i frammenti di luce tirando calci alla ghiaia.

Nel rifugio innalzato a morsi, nel fango degli addii
festa dello sguardo trainato dai varchi del silenzio.
Sulle pareti i ritratti, con gesti rozzi abbiamo
scalfito l’origine porosa della nostra specie.
L’ansia è la stessa: sbagliare e squarciarsi il fianco.
Le finestre aperte permettono di sentire il giardino
di ricordarsi che fuori è tutta un’altra storia.
Col becco l’usignolo indica un campo incendiato
mani di tagli. L’acqua i fiori il vento i lupi la levità
delle foglie, delle placide nubi che strappano chiodi.

Squilla il telefono e nessuno risponde, solo grugniti
tra noi e chi nella casa ha vissuto i suoi divisi giorni.


dalla sezione L’OMBRA DEI FUNGHI

La vanagloria è il rifugio sicuro
dei dèmoni e l’illusione sfarfalla
nel gioco d’azzardo. Il destino
lancia i dadi, brucia le nostre dita.
Un foglio luminoso da riempire
scrivo prato e il verde prosciuga
la palude e una canoa procede
tra le canne. Tutto è perduto?
Sul tavolo un tre e vinco la partita
sotto i cespugli la scorta di ghiande.


dalla sezione NELLO SGUARDO DEL LUPO

2

Spio alberi e foglie, segno la pista che conduce
alla casa vuota. Ricci di castagno arano le spalle
spine regalano all’aria, la durezza dell’acciaio.
C’è sempre qualcosa di elettrico quando passi
fiera come se perdessi liquidi acidi che poi
si ricreano in figure astratte. La vita non è mai
quella vera, il corpo resta all’erta e la voce afferra
la coda, mi perdo nel branco e se ti penso sto male.
Non sono stato io ad annientarmi: era già tutto
programmato. L’ombra del bosco affilata e tenace
così le orme che vengono da lontano, i microscopici
indizi saturi di nulla ma la notte è un intreccio di stelle.

Come quando a Fontana di Trevi una nuvola si blocca e la guardi in attesa del minimo spostamento. chiudi gli occhi per qualche secondo, li riapri e la nuvola è in fuga, oltre i palazzi. ogni cosa è in continua trasformazione ma in noi nulla avrebbe dovuto cambiare mentre la Terra ripete i suoi agili volteggi. esplode una cassa con dentro la recita, gli appunti, i libri foderati d’azzurro. troppo preso a ferirmi per percepire il tuo sguardo: andrà tutto bene e brindo col tuo amore e sulle labbra spuntano colline, vigneti, fiumi, fiori crepitanti di luce. potrei proseguire se avessi più tempo, ti chiamerò il giorno in cui le stelle smetteranno di barare. l’iceberg ci deriva addosso, travolge i binari e resta una lingua che spia la luce. la caverna è un regalo della preghiera? il muso del lupo batte sui fili spinati. appeso al collo il rimorso di non aver fatto la cosa giusta, di non aver spento tutte le luci della casa.


17

Il calore viene dalla terra, la scossa dal timore
di cadere. Giorni senza pensare sotto il castagno
dal cielo le gocce necessarie e bacche per cena.
La malattia del licantropo se ne andrà negli occhi
conficcati nella pietra: siate voi stessi non quelli
che cercano chi sono
. Batto i sentieri con passo
da felino e crollano frasi, si erge la scoglio tra noi e
l’attimo. Tanti modi per non raggiungere l’obiettivo:
scene atipiche, ululati, la vocalizzazione del passato.

Chiamo da un altro pianeta: stelle frenano il ritorno
incerto su questo me che non conosco, lo critichi
e fai bene perché spaventa essere un altro.
L’idea di fornire una lista di tutti gli orrori e lavorare
al placcaggio del mostro, è quindi urgente sciogliere
il filo che lega all’istante del parto. Nelle altre stanze
il sole divora libri e quaderni, il manuale della guerra
campestre: insetti elogiano gli avanzi, stipano macerie.

Nello sguardo del lupo calmo proseguo a quattro zampe.

 

 




home page

alexbrando@libero.it