LARGO PRENESTE
ad Armando Romero
Hanno cicatrici ovunque e lo sguardo che si dilata incastrato tra le dita nude dei piedi e delle mani lumache uscite fuori per via di questo panorama di baracche e cartoni che circondano la marana. Non gemano i muri crepati della vecchia fabbrica i cadaveri nascosti qui sotto la rendono necessaria in qualche modo si lavora ancora, si sopravvive trovi persino i panni stesi su fili di ferro arrugginito i fuochi con la zuppa di verdure o würstel o legumi. molti dell'est con in faccia gli schiaffi del sole pochi gli africani: stanno tre giorni poi scappano perché i loro corpi umiliati non ce la fanno a restare immobili per via di quel sogno che ancora persiste... Qui nell'inferno rimangono quelli che tutto hanno perduto e nulla hanno trovato se non le lamiere i rifiuti le porte d'aria la marana di via Prenestina sepolta dai ruderi dell'ex fabbrica e lì d'estate salgono su tralicci in bilico sfidano la morte tuffandosi nell'acqua attenti a non sbattere la testa nel basso fondale. Sono attori poi nel tornare a galla e nel mostrare i pochi denti cariati e sporgenti la bocca che saluta stretta sbieca e la lingua loro mischiata a frammenti - che Dante certo amerebbe - della lingua italiana. |