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40 poesie di Jorge Arbeleche a cura di Martha Canfield e Alessio Brandolini LietoColle Faloppio (Como), 2009 |
dalla prefazione di Alessio Brandolini
Dall’antica radice fino al ramo spalancato Quarant’anni di poesia sono tanti?
Un libro di poesia, quindi, prima ancora che un’antologia poetica.
Il lavoro del poeta è, sostanzialmente, oscuro. E questo nonostante la limpidezza del dettato: vale per Saba, come per Arbeleche. È oscuro perché rispecchia o, più precisamente, si cala dritto (sprofonda) in mezzo all’esistenza: con la sua bellezza e i suoi affanni, il suo sostanziale mistero. E va, la poesia, a lambire i margini della morte, le sue arcigne tenebre. Però soltanto in questa oscurità (che contiene attimi e frammenti di luce, l’amore e il disamore) è possibile affrontare la sacralità di tutte le cose, della vita e del mondo e, insieme, della stessa poesia. Per questo il libro si apre con l’epigrafe della Zambrano “Il sacro è oscuro”, da noi scelta tra le tante epigrafi a sua volta scelte da Arbeleche per le sue numerose raccolte poetiche. Questo libro è il nostro piccolo omaggio a un grande poeta che con i suoi versi (i suoi rami) squarcia il buio, rende meno oscura (minacciosa?) la morte:
Sull’oscurità costruire la luce. Giocarsi, in fondo, il tutto per tutto. Giocarsi la vita e tutto per l’uomo. |
L'immagine di copertina e quella
interna sono di Miguel Fabruccini
Otto poesie dalla raccolta
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NOTIZA BIO-BIBLIOGRAFIA DI JORGE ARBELECHE Jorge Arbeleche è nato a Montevideo (Uruguay), il 23 ottobre 1943. Poeta e critico letterario (si ricordano in particolare i lavori dedicati alla sua grande connazionale Juana de Ibarbourou), è stato per 25 anni professore di letteratura e Ispettore Nazionale del Ministero di Cultura. Attualmente è consulente letterario dello stesso Ministero. Membro corrispondente della "Real Academia de la Lengua Española" e della "Real Academia de la Lengua Gallega", membro della "Academia de Letras" dell’Uruguay, della quale è stato anche Presidente. Ha ricevuto premi di poesia e di critica in Uruguay, in Messico e in Spagna. È stato pubblicato in tutti i paesi dell’America Latina e tradotto in francese, inglese, portoghese, italiano e russo. Ha fatto parte della giuria di numerosi premi letterari e festival internazionali. In poesia esordì molto giovane con Sangre de la luz (1968), e fu immediatamente riconosciuto dalla critica e inserito nella grande storia antologica della letteratura uruguayana Capítulo oriental (v. il volume n. 39, La nueva poesía, Centro Editor de América Latina, Montevideo, 1968), così come nelle varie edizioni e aggiornamenti del Diccionario de literatura uruguaya (Arca, Montevideo, 1987). L’anno scorso, in occasione della doppia ricorrenza – 65 anni di età e 40 dalla pubblicazione del suo primo libro – è stato ufficialmente festeggiato in Uruguay con un incontro di poeti, attori, musici e studiosi di letteratura che gli hanno reso omaggio con letture, interpretazioni, commenti critici e canzoni tratte dai suoi versi.
Nel 2006 è stata pubblicata una vasta antologia di tutta l’opera di Jorge Arbeleche, El bosque de las cosas (Montevideo, 2006, con introduzione di Herbert Benítez che insieme all’autore ha curato la scelta dei testi).
Il libro 40 poesie di Jorge Arbeleche si chiude con un lungo saggio di Martha Canfield che ricostruisce il lungo percorso poetico dell’autore uruguayano. Qui sotto un estratto dal saggio.
LA CASA DELLA PIETRA NERA
Arbeleche si presenta come il «cantore dell'istante»; e Los instantes ha voluto intitolare, appunto, il suo secondo libro (1970). L'oggetto di questo canto non è dunque né l'elemento eroico né quello eccezionale, bensì quello triviale e quotidiano, tutto ciò che essendo comune e corrente produce tuttavia momenti pieni e felici perché vissuti con la consapevolezza della loro fugacità e irrepetibilità. Una sorta di moderno carpe diem. [...]In questo mondo di coordinate semplici rivelato da Arbeleche, la joie de vivre ha un limite e perciò una costante minaccia: essa dipende dall'amore corrisposto e realizzato giorno per giorno, e precipita nell'amarezza quando l'amore finisce. [...] La traduzione dell'etimo basco del suo cognome, casa della pietra nera, offre ad Arbeleche l'occasione di una rete metaforica che ha come centro la propria identità faticosamente cercata e a tratti perduta nelle traumatiche negazioni dell'alter. Io=casa=nome: la propria identità si scopre oltre l'inafferrabile identità dell'altro e in essa si rifugia l'io, la propria essenza che, borgesianamente, si definisce con il proprio nome; in essa prende dimora e infine l'io si riposa come al riparo della propria casa.[...] |