chi sono Alessio Brandolini
 
che cosa ho scritto

40 poesie
di Jorge Arbeleche
a cura di Martha Canfield
e Alessio Brandolini
LietoColle
Faloppio (Como), 2009


Antologia della critica


dalla prefazione di Alessio Brandolini
L’ALBERO DI ARBE


Dall’antica radice fino al ramo spalancato
Jorge Arbeleche         

Quarant’anni di poesia sono tanti?
Quarant’anni di costante e intenso lavoro sulla poesia che passa attraverso libri, convegni, l’insegnamento... A quarant’anni dall’esordio avvenuto con Sangre de la luz (1968), che mise da subito in evidenza i tratti di una poesia tanto originale quanto raffinata, il lavoro dell’uruguayano Jorge Arbeleche (1943) si staglia dinanzi agli occhi del lettore come un albero possente: dai lunghi rami protesi al cielo, dalle tante foglie dai colori cangianti. Per questo, poi, tracciare un percorso esaustivo, omaggio a una delle voci poetiche più autentiche e suggestive del Sudamerica nel quarantesimo anniversario, sarebbe un’impossibile impresa.
Non abbiamo scelto, infatti, come di solito si usa fare, tra le “poesie più belle” di Arbeleche: come avremmo potuto escludere, con un simile criterio, tutte le altre, vista la loro bellezza, la loro importanza? Per questo abbiamo deciso di prendere una strada diversa e insolita, ci siamo incamminati, arditamente, verso il complesso lavoro di “ricreare” un libro di poesia del maestro uruguayano, utilizzando i suoi stessi materiali. Probabilmente resi forti e più sicuri, in questa scelta, in questa avventura, dalla vicinanza con l’autore che fin dai primi passi, fin dalla pubblicazione di alcuni testi sulla rivista web “Fili d’aquilone” (aprile 2007), ha seguito il progetto con occhio vigile e partecipe, sempre disponibile a elargire consigli, chiarimenti e spiegazioni sul significato di una poesia, come di un singolo verso o parola.
Se è vero che la poesia è ormai un’arte fruita da poche persone, almeno qui in Italia, quei pochi non devono mai commettere l’errore di sentirsi degli eletti: così facendo rinnegherebbero la stessa poesia, che fin dalla sua nascita ambiva (e deve ambire tuttora), a entrare nel cuore di tutti. Quei pochi, allora, che lavorano per la poesia (poeti, traduttori, critici, editori) devono farlo con dedizione e serietà assolute, così da trasmettere insieme allo stesso lavoro poetico (scritto o tradotto che sia) anche dei valori (l’amore per la parola poetica, la serietà e l’onestà del lavoro) da tramandare alle generazioni future.
Così, con umiltà, abbiamo provato a dar voce, con la nostra scelta dei testi e la nostra traduzione, alla voce stessa del poeta, ovvero a imprimere a questo 40 poesie di Jorge Arbeleche la massima compattezza e intensità possibili, riverberando in esso, la poetica del maestro, il gusto, il largo respiro, quella scelta d’un linguaggio colloquiale che si contrappone e/o si affianca a un linguaggio più alto, che sa inventare calzanti neologismi o costruzioni sintattiche nuove (“Come se il vento soffiasse controfreccia”) e immagini che volutamente, talvolta, spezzano o rallentano il canto, come un nodo a una corda perfettamente tesa.

Un libro di poesia, quindi, prima ancora che un’antologia poetica.
Un libro costruito come un puzzle della poesia arbelechiana a noi non sarebbe piaciuto perché non avrebbe provato (il giudizio sul risultato, infine, aspetta al lettore) a ri-donare nella lingua di Dante i passi, i ritmi, la levigata densità espressiva di questa amata lirica.
Lavorando a fondo, e per mesi, sulla traduzione dei 40 testi la poesia di Arbeleche ci è apparsa, come scrivevamo all’inizio, un alto albero possente (da noi chiamato scherzosamente - affettuosamente - “L’albero di Arbe”): con le sue salde radici, la spessa corteccia, i rami che unghiano nuvole e stelle. La metafora dell’albero è una costante nella poesia di Arbeleche e ha una duplice valenza: come invito alla riflessione personale (“ascoltati crescere per essere albero”), profonda e radicale; come scoperta dell’altro, perché solo “insieme siamo il bosco”. Da qui potrebbero dipanarsi altre utili considerazioni per avvicinarsi alle zone più “calde” della visione poetica del maestro: per esempio quella dell’amore e dell’erotismo (“ti sento in me /come nel volo / l’aria /come nel fuoco / il volo / come nella roccia /il fuoco / come nel mare / la roccia...”), o quella ecologista (oltre agli alberi, nominati e descritti, quanti animali affollano questa poesia e che pena per gli uccelli “appesantiti dal petrolio”), ma non vogliamo togliere al lettore il gusto di scoprire (e immergersi) da solo la sensualità e la pietas di questa poesia.

Il lavoro del poeta è, sostanzialmente, oscuro. E questo nonostante la limpidezza del dettato: vale per Saba, come per Arbeleche. È oscuro perché rispecchia o, più precisamente, si cala dritto (sprofonda) in mezzo all’esistenza: con la sua bellezza e i suoi affanni, il suo sostanziale mistero. E va, la poesia, a lambire i margini della morte, le sue arcigne tenebre. Però soltanto in questa oscurità (che contiene attimi e frammenti di luce, l’amore e il disamore) è possibile affrontare la sacralità di tutte le cose, della vita e del mondo e, insieme, della stessa poesia. Per questo il libro si apre con l’epigrafe della Zambrano “Il sacro è oscuro”, da noi scelta tra le tante epigrafi a sua volta scelte da Arbeleche per le sue numerose raccolte poetiche.

Questo libro è il nostro piccolo omaggio a un grande poeta che con i suoi versi (i suoi rami) squarcia il buio, rende meno oscura (minacciosa?) la morte:

      Tirar fuori il bello da ciò che è morto.
      Sull’oscurità costruire la luce.
      Giocarsi, in fondo, il tutto per tutto.
      Giocarsi la vita e tutto per l’uomo.



L'immagine di copertina e quella
interna sono di Miguel Fabruccini


Otto poesie dalla raccolta


 

 

PÁJARO APRETADO

Un pájaro.
Dos piedras.
Un pájaro
apretado
entre dos piedras
aplastado
bajo el aire todo
apretado por los ruidos todos
los ojos
las calles
las bocas como un filo.
Un pájaro apretado.
Un pájaro
y dos piedras.


UCCELLO PRIGIONIERO

Un uccello.
Due pietre.
Un uccello
prigioniero
tra due pietre
schiacciato
sotto l’aria tutto
chiuso dai rumori tutti
gli occhi
le strade
le bocche come lame.
Un uccello prigioniero.
Un uccello
e due pietre.


TAREA

Hacer lo hermoso sobre todo lo muerto.
Sobre lo oscuro edificar la luz.
Jugarse al fin el todo por el todo.
Jugar la vida y todo por el hombre.


LAVORO

Tirar fuori il bello da ciò che è morto.
Sull’oscurità costruire la luce.
Giocarsi, in fondo, il tutto per tutto.
Giocarsi la vita e tutto per l’uomo.


*

El miedo no es oscuro
           ni aparece de noche
estalla de pronto
           mitad del aire
se eleva
           crece
– mar reseco luz del frío –

el amor tiembla
           adelgaza la voz
           en el extremo de la noche más cóncava.
Resuena el casco de los caballos incesante.


*

La paura non è buia
           né appare di notte
esplode all’improvviso
           metà dell’aria
s’innalza
           cresce
– mare inaridito luce del freddo –

l’amore trema
           assottiglia la voce
           nell’estremità della notte più concava.
Incessanti risuonano zoccoli di cavalli.


UN HOMBRE

De noche.
Un hombre entra en su casa.
Nada se oye. Nadie habla.
Tira un objeto al suelo.
(El ruido ocupa el aire).
Se dormirá y despertará entre cosas
y habrá de comenzar el día
y arrastrar la luz
                        hacia la noche
que lo espera
                                    cotidiana.


UN UOMO

Di notte.
Un uomo entra in casa.
Nulla si ode. Nessuno parla.
Getta qualcosa a terra.
(Il rumore satura l’aria).
S’addormenterà e si sveglierà tra oggetti
e dovrà cominciare la giornata
e trascinare la luce
                        verso la notte
che come sempre
                                    lo aspetta.


ROJO

Estalla la amapola:
su encarnado perfume
enciende los trigales y trepa
desde el alboroto jovial de la sandía
hasta la cresta del rey del gallinero.

El cardenal vigila
el brioso brote de la amanecida;
de penacho en penacho despliega su bruma la mañana,
crepita en los morrones el bravo mediodía
y entre un rumor morado de ciruelas
la tarde se desliza hacia el sueño intocado de la aljaba;
cuando el horizonte cierre su círculo de fuego,
con la alada carrera del venado
y en el áspero aroma de los yuyos,
en la algazara de los macachines,
por encima de zanjas, de montes y lagunas,
mi voz ha de ovillarse con su oído
mi sombra ha de velar su sueño y su vigilia.
Mi agua esponjará toda la sed de África.


ROSSO

Il papavero esplode:
il profumo di porpora
accende i seminati e s’arrampica
dalla chiassosa giovialità delle angurie
fino alla cresta del re del pollaio.

Il cardinale sorveglia
il vivace germoglio dell’aurora;
da un pennacchio all’altro la mattina distende la sua nebbia,
crepita sui peperoni il coraggioso mezzogiorno
e tra il suono violaceo delle prugne
scivola la sera verso il sonno illibato della faretra;
quando l’orizzonte stringerà il suo cerchio di fuoco,
con l’aerea corsa dei cervi
e l’aspro odore dell’erbaccia,
nella gioia delle piante chiamate “macachines”,
al di sopra di fossi, monti e lagune,
la mia voce si chiuderà intorno al suo orecchio
la mia ombra proteggerà il suo sonno e la sua veglia.
La mia acqua soddisfarà tutta la sete d’Africa.


COSAS

Todo estaba en la luz, sin afuera
ni adentro entrada ni salida. Y no se veía
nada. Se abrió de pronto
el aire: la montaña, la huerta, el limón
y la rosa, el entusiasmo de esa hormiga
que investiga mi mano, la mujer
pregonando en la cocina su mediodía sabroso
ese viejo que entona su cansancio
con pocos dientes y escasa melodía.

Las horas y las cosas están en su sazón.
Culminarán más tarde su jornada. De peldaño
en peldaño escalarán la escarpada
ladera de la sombra para ocultarse
tras el velo desplegado de toda la llanura.


COSE

Tutto stava nella luce, senza fuori
né dentro, né entrata né uscita. E nulla
si vedeva. All’improvviso si schiuse
l’aria: la montagna, l’orto, il limone
e la rosa, l’entusiasmo della formica
che esplora la mia mano, la donna
che annuncia in cucina il suo gustoso mezzogiorno
il vecchio che accorda la propria stanchezza
ai pochi denti e alla debole melodia.

Le ore e le cose sono nella loro pienezza.
Tra poco la loro giornata sarà compiuta. Di gradino
in gradino scaleranno il dirupo
il pendio dell’ombra per poi occultarsi
dietro il manto disteso di tutta la pianura.


EL OLOR

Como si sólo
el solo olor
de la muerte te invadiera
el olor de la muerte
es diferente
al olor de los muertos
el olor de la muerte
arrasa el dique el muro la montaña
el olor de los muertos huele
a podre
el olor de la muerte huele
a miedo
el olor de la muerte
carece de Alegría
el olor de los muertos
abriga nuestro olor
lo que hemos olido de los muertos
el olor de la muerte
no lo puede jamás
arrebatar.


L’ODORE

Come se solamente
il solo odore
della morte t’invadesse
l’odore della morte
è differente
dall’odore dei morti
l’odore della morte
abbatte la diga il muro la montagna
l’odore dei morti sa
di putrefazione
l’odore della morte sa
di paura
l’odore della morte
è privo d’Allegria
l’odore dei morti
accoglie il nostro odore
quello che abbiamo fiutato dai morti
l’odore della morte
non lo potrai mai più
strappare via.


FINAL

El árbol final
el único
el que quede quebrado
después del último graznido
solo
será
un huérfano del aire.


FINALE

L’albero finale
l’unico
quello che rimarrà spezzato
dopo l’ultima gracchiata
solo
sarà
un orfano dell’aria.


 


NOTIZA BIO-BIBLIOGRAFIA DI JORGE ARBELECHE

Jorge Arbeleche è nato a Montevideo (Uruguay), il 23 ottobre 1943. Poeta e critico letterario (si ricordano in particolare i lavori dedicati alla sua grande connazionale Juana de Ibarbourou), è stato per 25 anni professore di letteratura e Ispettore Nazionale del Ministero di Cultura. Attualmente è consulente letterario dello stesso Ministero. Membro corrispondente della "Real Academia de la Lengua Española" e della "Real Academia de la Lengua Gallega", membro della "Academia de Letras" dell’Uruguay, della quale è stato anche Presidente. Ha ricevuto premi di poesia e di critica in Uruguay, in Messico e in Spagna. È stato pubblicato in tutti i paesi dell’America Latina e tradotto in francese, inglese, portoghese, italiano e russo. Ha fatto parte della giuria di numerosi premi letterari e festival internazionali. In poesia esordì molto giovane con Sangre de la luz (1968), e fu immediatamente riconosciuto dalla critica e inserito nella grande storia antologica della letteratura uruguayana Capítulo oriental (v. il volume n. 39, La nueva poesía, Centro Editor de América Latina, Montevideo, 1968), così come nelle varie edizioni e aggiornamenti del Diccionario de literatura uruguaya (Arca, Montevideo, 1987). L’anno scorso, in occasione della doppia ricorrenza – 65 anni di età e 40 dalla pubblicazione del suo primo libro – è stato ufficialmente festeggiato in Uruguay con un incontro di poeti, attori, musici e studiosi di letteratura che gli hanno reso omaggio con letture, interpretazioni, commenti critici e canzoni tratte dai suoi versi.


Raccolte poetiche

  • Sangre de la luz (Montevideo, 1968)
  • Los instantes (Madrid, 1970)
  • Las vísperas (Montevideo, 1974)
  • Los ángeles oscuros (Montevideo, 1976)
  • Alta noche (Montevideo, 1979)
  • La casa de la piedra negra (Montevideo, 1983, con uno studio introduttivo di Martha Canfield, 2a edizione 1989)
  • Poemas (Montevideo, 1987)
  • Antología (Montevideo, 1987)
  • El aire sosegado (Montevideo, 1989)
  • Ejercicio de amar (Montevideo, 1991)
  • Ágape (Montevideo, 1993)
  • Acto de fe (Toluca, Messico, 1996)
  • Alfa y Omega (Montevideo, 1996)
  • El hilo de la lumbre (Montevideo, 1998)
  • Para hacer una pradera (Montevideo, 2000)
  • El velo de los dioses (antologia, Buenos Aires, 2001, con un’introduzione di Martha Canfield)
  • El oficiante (Buenos Aires, 2003)
  • El guerrero (Montevideo, 2005)

Nel 2006 è stata pubblicata una vasta antologia di tutta l’opera di Jorge Arbeleche, El bosque de las cosas (Montevideo, 2006, con introduzione di Herbert Benítez che insieme all’autore ha curato la scelta dei testi).




Il libro 40 poesie di Jorge Arbeleche si chiude con un lungo saggio di Martha Canfield che ricostruisce il lungo percorso poetico dell’autore uruguayano. Qui sotto un estratto dal saggio.


LA CASA DELLA PIETRA NERA
di Martha Canfield


Arbeleche si presenta come il «cantore dell'istante»; e Los instantes ha voluto intitolare, appunto, il suo secondo libro (1970). L'oggetto di questo canto non è dunque né l'elemento eroico né quello eccezionale, bensì quello triviale e quotidiano, tutto ciò che essendo comune e corrente produce tuttavia momenti pieni e felici perché vissuti con la consapevolezza della loro fugacità e irrepetibilità. Una sorta di moderno carpe diem.

[...]In questo mondo di coordinate semplici rivelato da Arbeleche, la joie de vivre ha un limite e perciò una costante minaccia: essa dipende dall'amore corrisposto e realizzato giorno per giorno, e precipita nell'amarezza quando l'amore finisce. [...]

La traduzione dell'etimo basco del suo cognome, casa della pietra nera, offre ad Arbeleche l'occasione di una rete metaforica che ha come centro la propria identità faticosamente cercata e a tratti perduta nelle traumatiche negazioni dell'alter. Io=casa=nome: la propria identità si scopre oltre l'inafferrabile identità dell'altro e in essa si rifugia l'io, la propria essenza che, borgesianamente, si definisce con il proprio nome; in essa prende dimora e infine l'io si riposa come al riparo della propria casa.[...]




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