La terra è ancora nostra l'abbracciano gli ulivi dalle foglie argentate che dipingono l'aria incidono liste di nomi le storie che ci appartengono.Non ci conoscono ma ci sentono nel legno nel respiro nello sguardo nel passo lento che resiste ai giorni risale fin lassù ai muri sbiechi delle case dell'antico paese medievale.
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È come se fossi arrivato troppo tardi, mi dico mentre falcio l'erba alta o annaffio gli ulivi che hanno appena un anno piantati con mio padre dopo aver strappato alla terra quelli morti, o ammalati. È come se fossi inchiodato allo stesso divisorio orientale o al grattacielo americano che si disintegra con un boato. Solido e impenetrabile calcificato dalla storia però ugualmente cito a memoria i passi lunghi i più importanti di questa insolita ma ben salda deriva. La promessa è lo stupore di un solco preciso e profondo tracciato non nella polvere ma nella realtà, nel presente di questo paterno terreno. Come se a sorpresa fosse arrivata l'ora della semina.
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Dietro di noi il cancello si richiude da solo mentre nell'aria un merlo traccia uno sciame di croci in fuga dalla terra. Fragole acerbe piccole e tonde nell'angolo dell'orto nascoste dietro e sotto i cespugli d'alloro sul crinale del fosso. Le parole in fiore sono funghi cresciuti nel legno chiaro dei lecci e tu che annaffi le pietre per vederle affondare.
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Hai un volto dolce e tranquillo forse per questo a volte penso di conoscerti da sempre di poter dialogare con te, stando seduto la schiena contro il legno spianato del castagno a ripararmi dai rumori e dal sole. Qui c'era un pozzo una volta al centro del terreno su camion rossi caricavamo l'uva. Hai questo volto dolce e tranquillo che si ricostruisce da solo quando mi prende la voglia di raschiarlo per sempre dalle pareti arcaiche della mente.
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Nuvole dense e scure sono rifugi atomici intere città cancellate eserciti che avanzano contrastati dal vento. A quest'ora, poi che l'odore intenso della foschia e del caldo spinge in cerca dell'acqua più fresca. Oltre la rete metallica con i fili spinati stanno uno sull'altro i rami tagliati che seguitano a fiorire. Li osservo piegato in una bolla di vetro che volteggia tra le foglie palmate dell'acacia che ride.
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Certo non dissento, e dopo che farei? Però nel frattempo rinnovo casa mi trasferisco in un angolo di strada. Sì, trasloco fuori città magari in un bosco mi stabilisco in una quercia cava. Un mondo rinforzato da vitamine e sali minerali certo più sicuro per via degli antifurti delle porte blindate, dei cancelli sbarrati con paletti e lucchetto di libertà sigillate in cassaforte in attesa di tempi migliori di un nuovo perfetto equilibrio. Non sentirò il bisogno d'avere una parte di tutto. Avrò poco e quel poco mi basterà, non sentirò la fretta di consumarlo. Farò a meno d'appigli e stampelle lascerò la porta spalancata sarò felice di ricevere ospiti e amici. Tanto la pioggia cancellerà le impronte diverrà impossibile tornare indietro.
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I fichi hanno le dita larghe le loro foglie sorreggono l'aria calda di giugno e le vene scoppiano di gioia. Anche a settembre danno il frutto e ce ne sono di quelli neri ma dolcissimi che strappano la voglia di fuggire. Più in là s'agitano le foglie verde-smeraldo del grande susino giocano con l'aria e per ore parlano senza un attimo di tregua. Con la zappa fino al tramonto ad accarezzare la terra intorno al tronco, a divorarla con gli occhi.
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La musica del giardino oggi scolora per via di questo sole impiccato tra i rami del nespolo e dei noci. Il prato, poi è un logoro cappotto militare che certo non protegge dalle spine dal timore invernale. Nuvole basse hanno perso la strada l'originaria morbidezza. Fili di rame intrecciati nell'aria riscaldano le foglie bucano i fili d'erba i petali dei curvi girasoli sfaldano il legno nodoso degli ulivi. Ma se qui scavi trovi schegge di vetro abbaglianti frammenti di mosaici romani.
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Ieri a casa ho portato un grande cesto di vimini pieno di mature albicocche color del sole e dolci più del miele. Allora mi hai guardato con un sorriso nuovo quello che sogno da quando sono al mondo. Sapeva di ginestra rossa di salvia vellutata di menta romana di lavanda di rosmarino che ha piccoli fiori azzurri foglie sottili ma aguzze come denti di neonato.
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Più forte di un mal di testa in sostanza privo di finestre e fondamenta. Tetti rossi impiccati tra le nuvole una gatta miagola sul filo teso dell'orizzonte. Non mani né bandiere salutano il passaggio vittorioso della notte. Strade di sabbia difficile dire se di deserto che avanza o per il lento sbriciolamento degli edifici (guerre o che altro?) e lassù, sotto il paese la quercia selvatica, la terra appena arata.
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Il ramo storto e lungo per sbaglio non potato o per trascuratezza è il solo che resiste. Col gomito scomposto affronta le gelate le malattie dell'aria anche se sotto sono arse le zolle di terra e sanno di caffè amarissimo bevuto troppo in fretta. Il ramo goffo e sghembo offre sempre il suo frutto. Pere o ciliegie una pesca arancione con due macchie di rosso.
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È come se dovessi ricominciare tutto dall'inizio, dai primi stentati passi. Ora lo so e non aspetto altro. Sì, avrei dovuto capirlo dieci anni fa ma forse non potevo. Però: meglio tardi che mai, non è così che si dice? Chiederò il vostro aiuto assidua collaborazione per non isolarmi di nuovo dividermi in più parti nel corpo e nello spirito. Anche così va bene si può vivere in silenzio cambiare in modo brusco metodo e direzione tendere a un pensiero calmo e puro. Farsi più piccoli per dormire nei nidi degli uccelli più agili per arrampicarsi sugli alberi più leggeri per stendersi sui rami per poi potarli e raccoglierne i frutti. Più sottili per passare tra le sbarre dei cancelli.
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Zemlja je she vedno nasha objemajo jo oljke s srebrnimi listi ki obarvajo zrak vrezujejo sezname imen zgodbe, ki nam pripadajo.Nas ne poznajo vendar nas chutijo v lesu v dihu v pogledu v pochasnem koraku ki kljubuje dnevom in se spet povzpenja tja gor do skrivljenih hishnih zidov starodavne srednjeveshke vasi.
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Tako je, ko da bi prishel prepozno, si pravim ko kosim visoko travo ali zalivam oljke ki imajo le eno leto vsadil sem jih z ochetom potem, ko sem izrul iz zemlje one mrtve ali bolne. Tako je, ko da bi bil priklenjen na isto vzhodno pregrado ali na amerishki nebotichnik ki se s treskom razleti. Trden in nedoumljiv upepeljen od zgodovine pa vseeno citiram na pamet dolge in najpomembnejshe odlomke tega nenavadnega a vztrajnega prepushchanja sebe toku. Obljuba je strmenje nad brazdo zarezano natanchno in globoko, ne v prah, marvech v resnichnost, v sedanjost tega ochetovega zemljishcha. Ko da bi nenadoma prishla ura setve.
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Za nami se vrtna lesa sama zapre ko v zraku kos izrisuje roj krizhev v begu iz zemlje. Nezrele jagode male in okrogle skrite v vrtnem kotu za in pod lovorjevimi grmi na grebenu jarka. Besede v razcvetu so prirashchene gobe v svetlem gradnovem lesu ti pa, ki zalivash kamenje bi rad videl, da potone.
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Imash milo in spokojno oblichje morda zaradi tega vchasih mislim da te poznam od zmerom da se s tabo lahko pogovarjam sede s hrbtom na zglajenem lesu kostanja ki me varuje pred hrupom in soncem. Tu je bil nekoch vodnjak sredi zemljishcha smo nalagali grozdje na rdeche kamione. Imash to milo in spokojno oblichje ki se samo od sebe prenavlja ko me obide zhelja da bi ga za vselej postrgal z arhaichnih sten spomina.
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Gosti in temni oblaki so atomska zaklonishcha cela mesta izbrisana vojske, ki napredujejo ovirane od vetra. Ob tej uri, ko nas ostri vonj megle in vrochine sili, da gremo iskat malo bolj svezho vodo. Onkraj zhelezne mrezhe so bodeche zhice druga na drugi lezhijo odrezane veje ki she vedno cvetijo. Opazujem jih skrchen v stekleni krogli, ki lebdi med palmastim lisjem akacije, ki se smeje.
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Jasno, da se strinjam, kaj bi sicer pochel? Ampak vmes obnavljam hisho preselim se na kak cestni vogal. Da, izselim se iz mesta pa cheprav v kakshen gozd in utaborim se v votlem hrastu. Svet, okrepljen z vitamini in mineralnimi solmi kajpak varnejshi zavoljo protivlomnih naprav pri blindiranih vratih in pregrajenih vhodih z zapahi in zhabico svet z zapechatenimi svoboshchinami v blagajnah v prichakovanju na boljshe chase in na kakshno novo popolno ravnotezhje. Ne bom chutil potrebe, da imam od vsega svoj delezh. Imel bom malo in to mi bo zadostovalo, ne bo se mi mudilo, da ga porabim. Zmogel bom brez opor in bergel pustil bom na stezhaj odprta vrata veselo bom sprejemal goste in prijatelje. Saj bo dezh izbrisal sledove postalo bo nemogoche vrniti se nazaj.
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Smokve imajo dolge prste njihovi listi podpirajo topli junijski zrak in zhile pokajo od veselja. Tudi septembra obrodijo in med sadezhi je tisto chrno nadvse sladko, ki ti odvzame zheljo, da bi zbezhal. Nekoliko dlje trepeche zeleno smaragdno listje velike slive igra se z zrakom in po cele ure govori, ne da bi za hip utihnilo. Z motiko do sonchnega zatona bozham zemljo okoli debla in jo pozhiram z ochmi.
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Glasba v vrtu danes bledi zaradi tega sonca obeshenega med vejami neshplje in orehov. Travnik pa je kot oguljen vojashki plashch ki prav gotovo ne varuje pred trnjem in zimskim strahom. Nizki oblaki so izgubili pot in izvirno mehkobo. Bronaste nitke spletene v zraku grejejo listje luknjajo travne bilke cvetne listiche upognjenih sonchnic koljejo grchast les oljk. Che pa tu kopljesh najdesh steklene drobce slepeche ostanke rimskih mozaikov
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Vcheraj sem prinesel domov veliko kosharo iz protja polno zrelih marelic barve sonca in slajshih od medu. Tedaj si me pogledala z novim smehljajem takim, ki ga sanjam odkar sem se rodil. Dishal je kot rdecha zhuka kot zhametni zhajbelj kot rimska meta kot sivka kot rozhmarin ki ima drobne modre cvete tanke liste vendar ostre kot zobki novorojenchka.
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Hujshe od glavobola v bistvu brez oken in temeljev. Rdeche strehe visijo med oblaki machka mijavka na napeti nitki obzorja. Niti roke niti zastave ne pozdravljajo zmagoslavnega prehajanja nochi. Peshchene ceste kdove morda zavoljo pushchave, ki se shiri ali zaradi pochasnega sesipanja zgradb (vojne ali kaj drugega?) in tam gor, pod vasjo divji hrast in pravkar zorana zemlja.
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Dolga in krivenchasta veja, ki je nisem obrezal pomotoma ali iz malomarnosti je edina, ki zdrzhi. Z izpahnjenim kolenom se spopada s hudim mrazom in z zrachnimi boleznimi tudi ko je spodaj prst vsa presushena s priokusom po silno grenki in prenaglo popiti kavi. Nerodna in skrivenchena veja ponuja vedno svoje sadje. Hrushke ali cheshnje breskev oranzhne barve z dvema rdechima madezhema.
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Tako je, ko da bi moral zacheti vse skraja, od prvih obotavljivih korakov. Zdaj to vem in nich drugega ne chakam. Seveda, to bi moral dojeti zhe pred desetletjem, a najbrzh nisem mogel. Toda: rajshi pozno kot nikoli, saj menda pravimo tako? Prosil vas bom za pomoch in vztrajno sodelovanje da se ne bi spet osamil se bom razdelil na vech delov telesno in dushevno. Tudi tako je prav lahko zhivimo potihoma na vsem lepem spremenimo nachin in smer tezhimo k spokojni in chisti misli. Postati moramo manjshi da lahko spimo v ptichjem gnezdu prozhnejshi, da splezamo na drevo lazhji, da se stegnemo na vejah jih obrezhemo in nato oberemo sadezhe. Tanjshi, da kar smuknemo chez pregrade vrtnih vrat.
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